Nel 1926 inizia la più grande opera del novecento, la bonifica integrale dell’Agro Pontino. Un lavoro immenso che richiederà la forza di migliaia di persone. I primi ad arrivare saranno i tecnici per lo studio del territorio, e poi la forza lavoro composta da scarriolanti, dotati solo di pala e carriola, operai specializzati, muratori, manovali, e gli addetti ai servizi. In questi ultimi alcuni gestiscono le mense per i lavoratori. Le mense sono contrassegnate da numeri. In tutto sono nove e gravitano intorno alla zona dove poi sarà fondata la città di Littoria. Tra le nove mense, la N°5 è di Rinaldo Di Fazio “er pesciarolo”. Ma la sua storia si sovrappone a un’altra storia, quella del figlio Enrico, tra i primi gommisti di Latina.
Dopo una breve pausa (per me lunghissima), eccomi nuovamente alle prese con un’altra storia di Latina. La prima che racconto nel mio nuovo blog. Questa storia inizia nella notte dei tempi, quando la palude stava per essere sconfitta. Sconfitta dall’uomo, ma soprattutto dall’energia elettrica, perché senza l’elettricità non sarebbero esistite le pompe idrovore, determinanti per la bonifica integrale e vitali per mantenere asciutto l’Agro Pontino. Ancora oggi continuano a fare il loro dovere dopo più di novant’anni.
Questa storia nasce da un caffè al bar Sezzi, in via Emanuele Filiberto, di cui ho scritto qualche tempo fa. Mentre ero intento a sorseggiare il mio caffè, entra Enzo Di Fazio. Ci conosciamo da una vita, siamo quasi coetanei, ma non ci siamo mai frequentati. So che la sua officina è storica e non posso lasciarmi sfuggire l’occasione. Gli manifesto l’intenzione di raccontarla. Ma Enzo non è un navigatore della rete, usa internet solo per necessità e non conosce il mio lavoro di ricerca sulle famiglie storiche della città. Per cui, la sua perplessità è più che giustificata.
Nel frattempo mi è capitato di scrivere la storia di Ivo, lo storico meccanico di moto e motorini di via Cavour, suo confinante di officina che Enzo conosceva molto bene. Con Enzo, ci siamo poi incrociati di nuovo, casualmente, a un incontro organizzato dai famigliari di Ivo. Nell’occasione mi ha chiesto scusa per non aver dato peso alla mia richiesta. Ovviamente gli ho risposto che non occorrevano le scuse, e che eravamo sempre in tempo per incontrarci, e fare due chiacchiere sulla sua famiglia. Così sono tornato alla carica. Quando si tratta di ascoltare le straordinarie storie della mia città non mi arrendo mai.
La storia di Rinaldo Di Fazio e la dispensa N°5
Rinaldo Di Fazio nasce ad Anzio il 24 luglio 1886. Proviene da un’umile famiglia, ma molto laboriosa. Per sopravvivere Rinaldo cucina pesce fresco nella sua piccola trattoria. È ormai giovanotto quando conosce Maria, una ragazza alta quasi due metri, mentre lui è piccoletto e mingherlino. Una coppia un po’ atipica, ma i due si sposeranno e avranno otto figli. Certo con una famiglia così numerosa non è facile andare avanti. La svolta della sua vita arriverà nel 1926.
A pochi chilometri da Anzio è iniziata la bonifica integrale dell’Agro Pontino ed è tutto in evoluzione. Rinaldo va in avanscoperta e si rende conto della portata di quell’opera. Migliaia di operai lavorano in quel territorio per sanarlo dalla palude. Stanno costruendo nel frattempo nove dispense per i lavoratori e lui non vuole lasciarsi sfuggire l’opportunità della sua vita. Ormai ha quarant’anni e non può più perdere tempo. Si attiva tempestivamente e con tenacia ottiene la licenza per la dispensa N°5. Il fabbricato si trova in una zona dove sorgerà, nel 1940, Campo Boario.
In quella dispensa Rinaldo cucina pesce fresco che compra ogni mattina dai pescatori di Anzio, al ritorno dalle loro battute di pesca notturne. Finito il lavoro, gli operai affollano il suo capannone. L’unica limitazione è che gli avventori della mensa devono essere iscritti al partito fascista, e mostrare la tessera prima di consumare. Qualcuno alza il gomito, ma la moglie Maria con la sua imponente corporatura non si lascia intimorire, li prende di peso, anche due alla volta, e li trascina fuori dalla mensa.
La storia di Enrico Di Fazio tra i primi gommisti di Latina
Il 15 luglio del 1928 nasce ad Anzio il figlio Enrico e nel 1932, con la fondazione di Littoria, Rinaldo e Maria, insieme ai loro figli, si trasferiscono nella nuova città. Hanno trovato casa vicino il distretto militare a poche centinaia di metri dalla dispensa. Finalmente non dovranno più percorrere quella strada di campagna per andare al lavoro e tornare a casa, nel buio della sera, con la carrozza e cavallo.
Enrico già da adolescente si appassiona alla meccanica e inizia a riparare piccole cose, ma quando arriva la guerra anche a Littoria lui si darà molto da fare per aiutare il prossimo, nonostante sia molto giovane. Ripara un camioncino abbandonato e con quello aiuterà tanti sfollati a raggiungere i monti Lepini, soprattutto a Bassiano. È molto bravo a guidare, nonostante abbia solo sedici anni e non ha neanche la patente.
Subito dopo la guerra apre la sua prima officina in via Cavour, sarà uno dei primi gommisti di Latina. Certo di macchine ne girano poche, ma intanto si adatta, ripara anche le ruote dei carretti e quelle dei trattori. Saranno inizialmente anni di grande sacrifici, ma a Enrico i sacrifici non spaventano. Per arrotondare fa anche il camionista tre volte la settimana. La sera, chiusa l’officina, carica la merce dal tabacchificio e dalla cartaria e parte per le consegne a Viterbo. L’unico inconveniente è che non ha ancora preso la patente, non ha tempo di iscriversi alla scuola guida, Enrico pensa solo al lavoro. La mattina tra un cliente e l’altro schiaccia un pisolino per riprendersi dalla notte passata a viaggiare.
Purtroppo, appena ventenne, in un brutto incidente sul lavoro, perde una gamba. Lo scoppio del pneumatico di un trattore dilania il cerchio, ma anche la gamba di Enrico. Ma lui è un ragazzo forte e non si abbatte, continuerà a lavorare e a fare la vita di sempre. A chi gli chiede del suo incedere leggermente claudicante, lui risponde con ironia: “Ho solo un’unghia incarnita”.
Intanto conosce una giovane e bella ragazza veneta, Iolanda Marangon. I due si innamorano e convolano a nozze. Dopo la cerimonia partono per il loro viaggio di nozze, ma a borgo Piave vengono fermati dalla polizia. I poliziotti di pattuglia scoprono che Enrico non ha la patente. Non prendono provvedimenti, ma li rispediscono a casa. Così, addio al loro viaggio. Quella disavventura però, servirà a far scattare la molla a Enrico per prendere finalmente la benedetta patente di guida.
Dalla loro unione nasceranno cinque figli: Benito, Maria, Fiorella, Enzo e Catia. I sacrifici di Enrico saranno tutti per loro. Anche se non rinuncia alla sua passione per il ballo, nonostante la sua invalidità. Ogni sabato sera va a ballare con Iolanda, nelle balere sparse per i borghi di Latina. Le automobili in città negli anni sessanta sono raddoppiate ed Enrico si è specializzato nella vendita e riparazioni delle gomme.
Per assicurarsi il lavoro ha l’intuizione di convenzionare la Polizia di Stato, l’ospedale e molti agricoltori. Con l’andare avanti nell’età, raggiunta una posizione sociale migliore, Enrico si dedicherà molto al prossimo. Sarà volontario all’ospedale di Latina dando assistenza ai malati, e per quel che può fa beneficienza. Con la ditta Bollanti donerà un’ambulanza a un ospedale dell’Etiopia. Enrico verrà a mancare il 27 settembre del 2009. Al suo funerale tantissime persone anche l’ex sindaco Ajmone Finestra suo caro amico. E poi il picchetto d’onore dell’Aeronautica Militare e della Polizia di Stato. Al termine della funzione funebre, il passaggio degli aerei partiti dall’aeroporto Comani di Latina.
Enzo Di Fazio ricorda suo papà
L’incontro con Enzo Di Fazio ve l’ho già raccontato all’inizio. Ci siamo dati appuntamento nella saletta del bar Sezzi e abbiamo iniziato la nostra piacevole chiacchierata.
Di tuo nonno ovviamente non hai ricordi
“No perché morì nel 1959 e io non ero ancora nato. So che era di umili origini, ma so anche che suo fratello Archimede fondò insieme a Tontini, la flotta Di Fazio Tontini. Forse tra i più grandi armatori italiani per la pesca d’altura”
Tuo papà è stato un uomo molto benvoluto a Latina. Che mi dici di lui?
“Era un uomo di compagnia, molto ironico. A lui piaceva socializzare, per questo forse era così benvoluto. Il suo pregio più grande era quello di saper stare al passo con i tempi. Anche se era di vecchio stampo, aveva saputo modernizzarsi”
Con voi figli?
“A me, ai miei fratelli e alle mie sorelle non ha dato mai uno schiaffo. Bastava il suo sguardo per capire se una cosa non gli andasse giù. Non era severo, ma autorevole e noi lo rispettavamo sempre. Con noi maschi era più permissivo, con le mie sorelle meno. Quando uscivano con i fidanzati, con loro ci doveva sempre essere qualcuno di noi. Erano altri tempi, ovviamente”
Oltre te, chi ha continuato l’attività di gommista?
“Anche mio fratello Benito ha continuato. Io sono rimasto in via Cavour, mio fratello in via Piave e poi suo figlio Enrico, che ha l’officina a Latina Scalo”
C’è sempre qualcosa che non hai fatto in tempo a dire a un genitore che hai perduto. Cosa vorresti dirgli se fosse qui?
“Che noi figli lo ricordiamo sempre come esempio di vita”
Bellissime le storie di Latina… vero?
http://www.vivaticket.com/it/ticket/benacquista-latina-cantu/220379
Stai scrivendo la storia (seppur breve) di Latina, grazie