<<Latina senza storia>> questo è il mantra dei suoi detrattori. Certo se partiamo dalla fondazione è difficile parlare di storia, ma se diamo un’occhiata al suo territorio scopriamo le nostre antiche origini. Oltre al sito archeologico di Satricum, la città fondata dai latini in età preromana, possiamo vantare di essere attraversati dall’Appia, l’antica strada realizzata nel 312 a.C. per volontà del censore Appio Claudio Cieco. L’assetto viario che collegava Roma a Capua, fu voluta al fine di permettere il movimento veloce delle truppe romane verso sud, in occasione della seconda guerra sannitica. Ma per il commercio i romani usavano soprattutto il mare, lo utilizzavano come fosse un’autostrada. Grandi e piccole imbarcazioni solcavano il nostro mare e qualcuna affondava con il proprio carico. Grazie ad Angelo Silvestri, il più esperto dei subacquei latinensi, sono stati individuati diversi relitti e recuperati reperti di grande valore.
Il fatto di sentir dire, o leggere in continuazione, che Latina è brutta e senza storia, mi dà ancora più forza nel cercare di sfatare i luoghi comuni dei denigratori seriali. Sulla bellezza posso fare ben poco, Latina può piacere o non piacere, questione di gusti. Però posso dire che è unica nella sua architettura del Novecento. Per la storia è un altro discorso: Più studio il territorio e più mi accorgo di quanto sia importante. È vero, Latina fu Littoria venne realizzata sulle ex paludi pontine, ma le paludi non ricoprivano l’intero territorio, vi erano zone emerse e alcune di esse presentano tracce preistoriche.
Di Satricum e della via Appia vi ho già accennato nel sommario. Vorrei quindi approfondire sulla nostra zona costiera, da Torre Astura al promontorio del Circeo. Attorno a Torre Astura, vi sono resti di una villa romana risalente al primo secolo a.C. Un’altra importante area archeologica è quella di Rio Martino, purtroppo non ancora valorizzata e quindi impossibile stabilire se i resti dei manufatti siano da attribuire a una villa costiera o altro. “Quello che sappiamo con certezza è che nella zona era situato un canale, il Rio Martino, realizzato nel corso del II secolo a.C. dal console Cethego, e che lungo questo corso d’acqua erano visibili numerosi resti di mura in opera reticolata” (dal sito www.parcocirceo.it).
Ma la storia archeologica più corposa è sommersa, si trova nei fondali del nostro mare. Angelo Silvestri da oltre cinquant’anni si immerge davanti le coste pontine, scoprendo relitti, anfore, ancore e tanti altri oggetti di epoca romana. È lui il saggio custode dei segreti che sono in fondo al mare.
Angelo Silvestri l’uomo del mare, presidente dell’Archeosub Pontino
Angelo Silvestri nasce a Latina l’11 agosto del 1949. I suoi genitori, Fausta e Ubaldo, si sono conosciuti a Littoria dopo che Ubaldo è tornato dalla guerra d’Africa, dove ha scontato pure un periodo di prigionia. Fortunatamente verrà liberato. Sono entrambi del sud, Fausta è dalla provincia di Avellino e Ubaldo di Taranto. Le loro rispettive famiglie sono arrivate nell’Agro Pontino, quando la bonifica è ancora in corso.
Angelo sin da bambino ha solo una passione, il mare. Il papà e la mamma lo portano in spiaggia controvoglia, perché stargli dietro è troppo impegnativo . Si getta sempre in acqua e loro devono avere gli occhi ben aperti. È un continuo farlo uscire, ma appena si distraggono è già di nuovo tra le onde. Ha solamente otto anni, quando costruisce la sua prima rudimentale maschera subacquea. Assembla dei pezzi di legno e con una camera d’aria per biciclette, ricava degli elastici per far aderire la maschera al viso. Inizia tutto da lì, quell’amore infinito per i fondali dinanzi le coste del lungomare di Latina.
Già da ragazzo rimane affascinato da tutto ciò che incontra sott’acqua. Intanto a scuola non è uno studente modello, è svogliato, pensa sempre al mare e quando ha tempo si immergere, in apnea, con il suo fucile subacqueo. Nonostante tutto si diploma ragioniere e poi si iscriverà all’università nella facoltà di giurisprudenza. Però, per amore di una ragazza, abbandonerà gli studi a soli due esami dalla laurea. Apre un negozio di sub, mentre insegna educazione fisica nelle scuole. Ma è in mare che si sente veramente libero. Come autodidatta inizia a usare le bombole, per andare sempre più in profondità.
Dopo tanta esperienza da autodidatta, decide di iniziare dei corsi professionali. Conseguirà il brevetto da sommozzatore con la Federazione Italiana Pescatori Sportivi, fino al conseguimento del brevetto da istruttore, nel 1981, a Genova. In seguito prenderà anche quello da palombaro.
Abbandona la pesca subacquea, quando si accorge che alcuni polpi si nascondono nei cocci di anfore. La cosa lo incuriosisce e affascina molto: da quel momento si dedicherà esclusivamente alle immersioni esplorative. Sarà tra i primi a perlustrare i fondali del litorale pontino. Inizia così un nuovo percorso di pensiero e di coscienza, ma anche di studioso e di ricercatore. A piccoli passi capisce l’importanza delle sue scoperte e man mano le segnala alla sovrintendenza. Lì sotto c’è un patrimonio di valore inestimabile e lo vorrebbe condividere con la città.
Tra i tantissimi reperti segnalati, molti sono stati recuperati a sue spese. A metà degli anni novanta incontra il sindaco Ajmone Finestra e lo mette al corrente di tutte le sue scoperte. Il sindaco rimane entusiasta di quel racconto e in brevissimo tempo, con delibera n.° 2280 del 30 novembre 1995, lo nomina Ordinatore Onorario e gli mette a disposizione una parte del Palazzo della Cultura. Per la gioia di Angelo nasce il Museo del Mare. Successivamente sarà trasferito al Procojo di borgo Sabotino, costruzione risalente al 1872.
Ad Angelo si deve anche il ritrovamento di un aereo da guerra americano, inabissato durante lo sbarco di Anzio. Verrà addirittura rintracciato il pilota, che tornerà a Latina per vedere il suo aereo custodito nel Museo della Guerra a Piana delle Orme.
L’incontro con Angelo Silvestri
Ho conosciuto Angelo Silvestri a giugno del 2022. Mi aveva contattato perché incuriosito dai miei scritti, e per portarmi a conoscenza di alcune cose che avrebbero potuto interessarmi, e quindi voleva conoscermi di persona. Ho accettato l’invito, per la mia congenita curiosità per i racconti. Così ci siamo incontrati al Circolo Cittadino e mi ha raccontato della sua passione e dei suoi ritrovamenti, ma non ha voluto che scrivessi di lui. In quell’incontro abbiamo parlato anche di Renato Savioli, un ragazzo che morì sott’acqua al largo di Foce Verde, di cui avrei tanto voluto raccontare, ma poi la famiglia non ha voluto.
Da quel giorno con Angelo è nata una sincera amicizia, sarà forse per lo stesso amore che nutriamo per Latina. Poi un giorno ho avuto il privilegio di ricevere, da parte sua, un invito al Procojo per la posa di un’anfora da lui recuperata, e per me è stata una grande emozione. Qualche settimana fa ci siamo sentiti e finalmente sono riuscito a convincerlo a concedermi l’intervista:
Angelo, quanti reperti archeologici hai ritrovato nel fondo del nostro mare?
“Infiniti, e tutti segnalati alla sovrintendenza”
Quelli più significativi?
“Difficile fare una classifica, quelli che più mi hanno affascinato sono: Il relitto di una imbarcazione romana denominata “Di Tiberio” per i bolli impressi sulle anfore con il nome dell’imperatore Tiberio, figlio di Cesare Augusto e poi una nave che oggi definiremmo portacontainer. Conteneva grossi contenitori detti Dolium che potevano servire per trasportare grano o il defrutum, che era un condimento a base di mosto ridotto, utilizzato dai cuochi di Roma antica. Ho trovato molti relitti anche a largo di Palmarola e recuperato diverse ancore in piombo e in pietra”
Quanti altri tesori ci sono davanti le nostre coste?
“Tanti, ma non posso rivelare dove siano. C’è un patto di segretezza tra me e le persone della sovrintendenza, da cui ho ricevuto l’incarico di fare una mappa e un lavoro di prospezione”
Come mai tutti questi relitti?
“Considera che questa rotta era l’autostrada del mare per i romani, e non solo per loro. Spesso queste imbarcazioni si fermavano vicino la costa per fare rifornimento di acqua e poi venivano colte da mareggiate improvvise, senza avere la possibilità di riprendere il largo e quindi affondavano”
So che è una cosa delicata, ma te lo devo chiedere. Tu hai avuto una brutta esperienza che ti ha portato una grave disabilità, ti va di raccontare come è potuto accadere a un esperto sub come te?
“Era il 29 luglio del 1999. Passai nel mio magazzino e presi le prime bombole che mi capitarono senza controllarle. Mi immersi al largo di Foce Verde. Ero a una profondità di circa trentacinque metri, quando sentii che l’aria stava per terminare, solo allora mi accorsi che il tubicino della riserva era sporco e occluso. Presi l’ultima boccata d’aria e risalii senza fare decompressione. Quando arrivai in superficie pensai di avercela fatta. Salii sulla barca, tolsi la muta e caddi per un’embolia midollare. La mia salvezza è stata la camera iperbarica dell’ICOT. Non avrei fatto in tempo ad andare più lontano. Oggi ai ragazzi a cui faccio lezione dico sempre di non essere troppo sicuri di se”
Nonostante tutto vai ancora in immersione?!
“In acqua vado ancora forte, ed è solo lì che mi sento veramente libero”
Il Museo del Mare al Procojo di borgo Sabotino è chiuso da diverso tempo ed è un peccato, perché Angelo avrebbe tante altre cose che giacciono in fondo al mare, e i recuperi li farebbe a spese sue, come atto d’amore verso la città. Mi appello all’amministrazione affinché faccia riaprire il Museo del Mare, ma in velocità, come fece Ajmone Finestra.