28 ottobre 1956: migliaia di studenti e operai ungheresi scendono in piazza a Budapest, per una manifestazione pacifica che si trasformerà in rivolta contro la dittatura e la presenza sovietica nel loro Paese. Ma la notte del 4 novembre, l’Armata Rossa con i suoi carrarmati, lancia un’offensiva. Il capo del governo, Imre Nagy, verrà deposto per aver concesso ai manifestanti gran parte delle richieste. La rivolta sarà soffocata con il sangue. Migliaia di ungheresi perderanno la vita in nome della libertà. In Italia e negli altri Stati europei, verranno attrezzati campi profughi per accogliere duecentocinquantamila ungheresi che fuggono da quel regime totalitario. Il campo profughi più importante d’Europa sarà quello di Latina. Da quel momento, oltre agli ungheresi, fuggiranno tante altre persone dai paesi dell’Est. A Latina passeranno, in trent’anni, oltre centomila profughi. Tra questi, l’artista rumeno Valentin Timofte.
Dal 1956, fino alla caduta del Muro di Berlino avvenuta il 9 novembre del 1989, nel campo profughi Rossi Longhi di Latina, accolse oltre centomila profughi dell’Est, provenienti dai paesi dell’Unione Sovietica. Fuggivano da un regime totalitario e, per tutti loro, Latina rappresentò la libertà. Erano uomini e donne di varie classi sociali, ma tutti con lo stesso desiderio: vivere liberi. Tra quelle persone vi erano operai, artigiani, intellettuali, registi, sportivi, artisti, scrittori, ma anche in piccola parte, spie e delinquenti comuni.
La quasi totalità dei profughi venne smistata in varie nazioni, soprattutto America e Canada, ma alcuni chiesero di poter restare in Italia, più vicina ai loro luoghi di origine. Diversi di quegli ex profughi si stabilirono definitivamente a Latina. L’artista Valentin Timofte, fuggito dalla Romania, fu uno di quelli. Si innamorò del territorio pontino e decise di stabilirsi nella città che lo aveva accolto, anche se lui si considerava cittadino del mondo.
la storia di Valentin Timofte, lo straordinario artista che si innamorò di Latina
Valentin Timofte nasce insieme al fratello gemello Victor, il 12 aprile del 1944 a Dragalina, un piccolo paese nel sudest della Romania. Proviene da una famiglia numerosa. Il papà è un ferroviere. Sin da ragazzino ama l’arte e dipingere, come il suo gemello Victor. Finiti gli studi superiori, saranno ammessi entrambi all’università, nell’Accademia delle Belle Arti di Bucarest, perché considerati ragazzi prodigio
Dopo aver conseguito la laurea, con una tesi sul pittore italiano Giorgio De Chirico, Valentin diviene maestro d’arte e insegna educazione artistica. Ma l’arte del dipingere ce l’ha nel sangue. La sua prima mostra personale sarà allestita nel 1969, in una galleria d’arte di Bucarest. Nel 1970, partecipa a una mostra collettiva, nella Biennale Internazionale di Barcellona.
Sarà proprio quel viaggio che segnerà il destino di Valentin. Capisce che la libertà ha un profumo diverso. Torna a Bucarest, ma medita la fuga. L’occasione arriva, quando esporrà le sue opere per la prima volta in Italia, in una galleria d’arte di Milano, la prima di tante altre mostre: nel 1975 a Modena e a Venezia e, nel 1976, a Bologna e Meldola, in provincia di Forlì. Nel 1977 sarà la volta di Padova . In quegli anni Valentin si innamora dell’Italia e non se ne andrà più.
Vorrebbe regolarizzarsi e così, il 3 novembre del 1977, giunge al campo profughi di Latina. Girando per la nuova città, ed entrando nelle varie gallerie d’arte, qualcuno capisce il valore del suo sapere artistico, e quando scoprono le sue opere, si rendono conto che hanno difronte un pittore straordinario. Per il suo carattere mite e disponibile verso gli altri, ma anche timido, a volte silenzioso e introverso, sarà preso a benvolere dagli artisti locali, i quali lo aiuteranno a lasciare presto il campo profughi, per una sistemazione migliore.
Inizia così la storia di Valentin a Latina. Si innamora del territorio e di quei monti blu, che vede attraverso i vetri del treno che da Roma porta a Latina. Determinanti i rapporti umani intrecciati in quella che diverrà la sua città. Le sue opere riflettono l’influenza di culture orientali e occidentali, miscelate attraverso la matrice surreale. Dichiarerà: <<Il mio desiderio di unire il Surrealismo e alcune reminiscenze bizantine orientali, realizza la volontà di superare l’antica contrapposizione Occidente – Oriente>>. Valentin Timofte nel 1980 partecipa a l’Art Expo di New York e poi anche a Parigi e in Canada, dove si è trasferito suo fratello gemello Victor.
Avendo vissuto l’epoca di Ceaușescu è un fervente anticomunista, forse per questo diverrà amico del senatore Ajmone Finestra e per un periodo dimorerà nella sua casa di Sezze, tra Croce Moschitto e Bassiano. Tra alti e bassi, dipinge contaminato dai suoi stati d’animo. In alcuni periodi non ha voglia di toccare pennello, mentre in altri dipinge veloce e sicuro. Si traferirà a Latina in via Garibaldi e sarà un periodo positivo. Anche le tante relazioni sentimentali influiranno nella sua arte. Sempre accompagnato da belle donne: tra grandi amori e cocenti delusioni.
Negli ultimi anni di vita si ricongiungerà con Victor che lascerà definitivamente il Canada. Entrambi hanno avvertito la voglia di riunire quell’affetto, che per anni è stato diviso dall’oceano. Cercano di recuperare il tempo perduto, ma la malattia di Valentin non lo permetterà, o almeno solo in parte. Valentin Timofte finirà di soffrire il 27 gennaio del 2005, nell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina.
Luigi Giannini ricorda Valentin Timofte
Purtroppo, non ho conosciuto personalmente Valenti Timofte, nonostante fosse amico di mio papà che in quel periodo aveva una galleria d’arte. Per preparare questo racconto, ho dovuto studiare il personaggio attraverso alcuni scritti e dai racconti di due suoi amici. Decisi di scrivere di Valentin, quando Luigi Giannini mi invitò nel suo museo, al MUG di via Oberdan, per vedere le opere di questo grande artista rumeno. Rimasi profondamente colpito dai suoi quadri: mi avevano trasmesso i suoi stati d’animo. Uno dei due amici è proprio Luigi Giannini.
Luigi, quando e come hai conosciuto Valentin?
“Nel 1979 conobbi Valentin, alla galleria civica di Latina, accanto alla biblioteca comunale. Comprai alcuni suoi quadri e poi mi chiese di aiutare la sua compagna, Iolanda Ordauseska, anche lei pittrice di origine polacca. Gli organizzai una mostra e da lì nacque una profonda amicizia. Era un grande artista Valentin, pensa che c’erano persone che gli commissionavano quadri senza sapere cosa avrebbe dipinto. Si fidavano della sua arte. Ci fu un’assidua frequentazione, divenne un amico di famiglia. Spesso rimaneva a mangiare con noi e per un periodo abitò a Cisterna a casa di mia nonna. E lì ha passato un periodo molto prolifico”
Quali erano gli artisti di Latina che frequentava?
“Antonio Farina e Osvaldo Martufi credo siano stati quelli con cui legò maggiormente, ma anche con altri aveva un ottimo rapporto”
Come mai scelse di vivere a Latina e nel territorio pontino?
“Si era innamorato di Latina per il clima, ma soprattutto per i rapporti umani”
Cosa hai apprezzato di lui?
“La sua cultura sconfinata e la mitezza del suo carattere. Era un sognatore che sapeva trasmettere i suoi sogni. È stata una grande persona”
Ottenne mai la cittadinanza italiana?
“Credo di no, ma ottenne una cosa ancora più preziosa, la carta d’identità mondiale. Lui ne andava fiero”
Il ricordo di Sergio Andreatta
L’altro amico intervistato è Sergio Andreatta, ex dirigente scolastico della scuola Goldoni di Latina, a cui Timofte era molto legato.
Sergio come vi siete conosciuti tu e Valentin?
“Erano i primi anni Ottanta. Una sera tornavo da Roma, ero in macchina con mia moglie. All’altezza dell’Eur vidi un ragazzo e una ragazza che facevano lo stop. Quel giorno c’era lo sciopero dei mezzi pubblici. Mi fermai e chiesi loro dove fossero diretti. Mi dissero che dovevano tornare a Latina, così li feci salire. Strada facendo ci presentammo, lui era Valentin Timofte e lei Iolanda. Poi li accompagnai fino a Sezze perché abitavano lì, nella casa di Ajmone Finestra. Tra noi nacque una sincera amicizia. A quel tempo ero direttore didattico nella scuola elementare di Sezze e lui ogni tanto veniva a trovarmi. Poi partì per gli Stati Uniti. Tornò qualche tempo dopo e riprendemmo le frequentazioni”
Comprasti qualche suo quadro?
“Comprai diversi suoi quadri. Poi nel 1993, nel sessantesimo anniversario della fondazione di Borgo Bainsizza, ci fu la necessità di ristrutturare la chiesa dedicata a San Francesco. La prima dell’Agro Pontino a essere dedicata al Santo di Assisi. La mia famiglia aveva il podere a Bainsizza e quindi conoscevo il parroco, Don Quirino Iori. Gli dissi che avevo un pittore straordinario e che avrebbe potuto fare gli affreschi della chiesa. Mi rispose di presentare un progetto da sottoporre alla commissione di arte sacra della curia. Valentin lavorò sodo e preparò tutti i bozzetti. Scrissi la relazione e dopo un paio di mesi arrivò il parere favorevole della curia”
In cosa consisteva il lavoro?
“Otto tele raffiguranti il Cantico delle Creature per l’apside, ma anche tutto il resto della chiesa, compreso l’ingresso”
Guadagnò bene con quel lavoro?
“Macché, chiese un compenso irrisorio. Lui era felice di immortalare le sue opere, questo era il suo guadagno. Valentin chiamava la chiesa <<Il mio mausoleo>>”
Sono ancora visibili le sue opere nella chiesa?
“In parte sì. Purtroppo, un incendio per un corto circuito danneggiò le pareti laterali e alcuni dipinti e bassorilievi andarono distrutti. Grazie a Dio, il Cantico delle creature è ancora lì”
Altri suoi cari amici furono il gallerista Giovanni Stradaroli di Meldola, in provincia di Forlì, e l’ex sindaco di Premilcuore, Francesco Milanesi.
Se vi capiterà di andare a Borgo Bainsizza visitate la chiesa di San Francesco, lì potrete ammirare le opere del maestro Valentin Timofte. È un omaggio che la comunità gli deve per aver amato Latina e il suo territorio.