Nell’Agro Pontino non tutti i veneti, friulani ed emiliani, arrivati nei primi anni Trenta, ebbero in concessione un podere. In molti arrivarono spontaneamente in cerca di fortuna. Oltre alle opportunità lavorative, scelsero la zona pontina per non sentirsi soli. Continuare a parlare il loro dialetto con tanti altri conterranei, era un po’ come sentirsi a casa. Ancora oggi, nei nostri borghi, i “veci” parlano in dialetto. I loro figli e nipoti, conservano le cadenze, se pur contaminate dal romanesco e dagli altri mille dialetti che contraddistinguono la nostra città. La famiglia Pitton, non avendo diritto alla casa poderale, arrivò dal Friuli frazionata. Il primo ad arrivare fu Vittorio, di mestiere fornaio. Poi, man mano, arrivarono tutti gli altri fratelli.
Qualche anno fa, quando avevo ancora l’attività, venne a conoscermi in negozio Gianfranco Pitton. Voleva ringraziarmi per le foto d’epoca che pubblicavo sul mio gruppo Facebook “Sei di Latina se la ami”. In quella circostanza mi aveva raccontato qualcosa della sua famiglia e della sua vita lavorativa.
Da quando ho iniziato a scrivere dei personaggi di Latina, Gianfranco l’ho sempre tenuto a mente, l’avevo incontrato pure in qualche altra occasione. Tra l’altro il suo cognome mi ricordava antiche amicizie. Poi però mi sono perso nelle centinaia di storie, che vi ho narrato in questi ultimi anni. Purtroppo, Gianfranco, a settembre dello scorso anno, è venuto a mancare improvvisamente.
Insomma, la storia che vi sto per raccontare avrei dovuta scriverla prima, per avere un testimone diretto, ma è andata diversamente: il tempo mi ha tradito, come spesso accade. Qualche giorno fa mi sono fatto coraggio ed ho chiamato sua moglie Laila Barrucci. L’avevo già conosciuta con Gianfranco al Museo della Terra Pontina. Le ho espresso il desiderio di scrivere della famiglia Pitton e lei ben felice mi ha dato la sua disponibilità. Quello che sto per raccontare è la storia Vittorio Pitton, papà di Gianfranco, nonché suocero di Laila.
La storia di Vittorio Pitton, il primo della famiglia ad arrivare a Littoria
Vittorio Pitton nasce a Pordenone il 5 settembre del 1909, terzo di sei figli. Proviene da una famiglia di grandi lavoratori e lui non sarà da meno. A quattordici anni, dopo le scuole, entra a lavorare in un forno a Pordenone, come semplice garzone. Due anni dopo, viene assunto in una delle più rinomate pasticcerie della città, dove apprenderà il lavoro di pasticciere. Rimarrà fino al 1929, quando sarà chiamato alla leva obbligatoria adempiuta nella città di Torino. Si congederà con il grado di caporal maggiore.
Nel 1931 ritorna alla vita civile e si dedica al commercio ambulante, vendendo merceria. Lo farà per due anni. Nel 1933 la svolta della sua vita. Il 15 settembre si unisce a ottanta manovali e parte per l’Agro Pontino. L’arrivo a Cisterna di Littoria non è dei più confortanti, mentre gli altri vengono tutti assunti, l’unico a rimanere senza lavoro sarà proprio lui, perché sulla carta d’identità risulta “pasticciere”.
Qualsiasi altra persona si sarebbe avvilita e tornata indietro con il primo treno, ma Vittorio non è uno che molla facilmente. A Littoria riesce a trovare lavoro, come terzo uomo incaricato del forno nella rosticceria del signor Roberto Benedetti in Piazza del Littorio (Piazza del Popolo). In breve tempo guadagnerà la fiducia del titolare che lo promuoverà come responsabile. Il direttore dell’Unione Commercianti lo propone, come presidente provinciale dei panificatori, ma per alcune norme burocratiche dovrà rinunciare all’incarico.
Da Pordenone iniziano a raggiungerlo i suoi fratelli. I primi saranno l’idraulico Enrico e il tecnico Angelo. I tre ragazzi alloggiano in una piccola pensione. Gli ultimi ad arrivare, nel 1939, saranno: il falegname Luigi e la sorella Anita, insieme ai genitori, Giuseppe e Domenica Ceschin. L’unico che non raggiungerà la famiglia a Littoria sarà Umberto, il più grande dei fratelli, si trasferirà in Belgio.
Nel 1935 per ottenere una licenza di vendita sarà costretto ad arruolarsi volontario nel 412° battaglione, per andare a combattere in Africa Orientale. Partirà dal porto di Napoli, destinazione Eritrea. Sarà un’esperienza dura e drammatica. Al suo ritorno in Italia, nel 1937, con la nave ospedale Tevere, trascorrerà sei mesi nel nosocomio militare di Napoli. Dopodiché farà ritorno a Littoria e prederà in gestione una fiaschetteria che lascia dopo pochi mesi per acquistare, finalmente, una licenza di generi alimentari in via Emanuele Filiberto.
Oltre a gestire la rivendita di alimentari, affitta il forno della rosticceria Benedetti dove ha già lavorato. Fornisce i privati cittadini e anche il Presidio Militare di Littoria. in quegli anni conosce Lea Malavasi, una ragazza di origini mantovane, dipendente nella tipografia del signor Filippo Ferrazza. I due si sposeranno il 3 dicembre del 1942 nella chiesa San Marco. Le nozze saranno celebrate dal primo parroco della città, don Carlo Torello. Dalla loro unione nasceranno tre figli: Carlo Alberto, Gianfranco e Ferdinando.
Lea sarà socia nelle attività che Vittorio avvierà nel corso della sua vita. Il suo fattivo contributo sarà determinante. Lea sarà anche premiata come prima imprenditrice dell’Agro Pontino. Una grande donna con un grande uomo, mix perfetto per il conseguimento dei loro successi imprenditoriali.
L’arrivo della guerra
Ormai la guerra è giunta alle porte di Littoria e gli americani, a gennaio del 1944 sbarcano ad Anzio e iniziano a tirare colpi di cannone sulla città. Vittorio e Lea, con il loro primo figliolo, Carlo Alberto, di appena un anno, si rifugiano nelle cantine dei palazzi di Piazza Roma. Per un paio di mesi si sposteranno di rifugio in rifugio, fino alla decisione di sfollare a Roma con non poche difficoltà. Nel giugno del 1944 riescono a rientrare a Littoria. il forno, colpito da una bomba, lo troverà totalmente distrutto.
A Vittorio non resta che rimboccarsi le maniche e cominciare tutto daccapo. Riprende il mestiere di fornaio con un forno a legna e, aiutato da alcuni operai, lavorerà giorno e notte. Nel 1946 trasforma il forno a legna in elettrico. Inoltre, riesce ad avere la concessione per la distribuzione dello zucchero in otto comuni. Per Vittorio sarà una grande opportunità. Quel nuovo lavoro, gli consentirà di aprire, nel 1950, il suo primo magazzino all’ingrosso di generi alimentari in via Oberdan.
Sarà solo l’inizio di un percorso commerciale costellato di grandi successi, perché Vittorio ha una incredibile capacità, quella di saper guardare lontano e anticipare i tempi. Nel 1950 costruisce un magazzino più grande in Corso Matteotti e nel 1954 un altro ancora più capiente. Oltre alle costruzioni commerciali e artigiane si dedicherà anche a quelle abitative. Sarà il primo a costruire due palazzine a Capo Portiere, credendo fortemente nelle terme di Fogliano, usufruendo benefici da quelle acque termali.
L’unica cosa in cui non riuscirà sarà l’avventura politica con il Partito Repubblicano, ma poco importa. Si darà da fare con altri incarichi, anche più importanti di quelli politici. L’attaccamento alla sua terra natia, farà sì che parteciperà attivamente alla fondazione dell’associazione Fogolar Furlan (Focolare Friulano) di Latina, costituita da emigrati friulani in terra pontina.
Vittorio, per dieci anni, sarà Presidente di quel “focolare” e organizzerà indimenticabili manifestazioni. Una su tutte, nel 1965, la premiazione con una medaglia ai coloni friulani dell’Agro Pontino per i trent’anni di lavoro. Alla cerimonia saranno presenti le più alte cariche dello Stato. Vittorio, inoltre, sarà più volte membro delle commissioni della Camera di Commercio e nel 1966 gli sarà conferito, dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, il titolo di Cavaliere.
Dalla metà degli anni Sessanta anche i suoi tre figli lavoreranno con lui divenendo soci dell’attività. Nel 1968 la svolta nella distribuzione organizzata: entra a far parte della DESPAR. Unione volontaria tra dettaglianti e grossisti. Con quel marchio riuscirà a gestire centocinquanta associati e fornirà i primi supermercati del Lazio. Con il nuovo grande magazzino darà lavoro a settanta dipendenti.
Nel 1979, il Presidente del Consiglio Francesco Cossiga, consegnerà il premio “Giovanni da Udine” a Vittorio Pitton, pioniere dell’Agro Pontino e primo presidente-fondatore del Fogolar di Latina. Dopo la sua scomparsa, avvenuta il 27 gennaio del 1983, i tre fratelli, Carlo Alberto, Gianfranco e Ferdinando, in totale accordo, divideranno l’azienda. Ognuno prenderà la propria strada. Solo Gianfranco ha continuato l’attività nella grande distribuzione. Oggi i suoi figli, Valerio e Varinia, conducono con successo l’attività fondata da Vittorio.
L’incontro con Laila
Incontro Laila nella sua bella casa. Mi rimprovera per non essere arrivato in tempo… e ha ragione.
Laila quali ricordi hai di Vittorio?
“Mio suocero lo ricordo come una persona innovativa, uno che sapeva guardare lontano. Capì che il futuro era nella grande distribuzione organizzata. Nonostante fosse un visionario, era molto attaccato alle tradizioni familiari. Per migliorarsi cercava di frequentare persone più preparate di lui. Era amico dei Barilla, dei Pavesi e di molti imprenditori che decisero di cambiare la distribuzione alimentare”
E Gianfranco?
“Franco era molto simile al padre, anche lui riusciva a capire come il mercato sarebbe cambiato”
Un esempio?
“Quando decise di cambiare insegna ai nostri supermercati con il marchio Eurospin, io e i miei figli fummo titubanti, non credevamo nel discount, lo vedevamo squalificante. Lui invece insistette, e oggi il tempo gli ha dato piena ragione”
Avete lavorato insieme?
“Da sempre. Io mi sono occupata dell’amministrazione e lui della parte organizzativa e commerciale”
Vi ho raccontato di Vittorio Pitton un pioniere protagonista nella crescita della città, come lo sono stati i suoi fratelli nel campo dei mobili, degli elettrodomestici dell’idraulica. Insomma, una grande famiglia quella dei Pitton.
Questo racconto lo dedico all’amico Gianfranco, con il rammarico di non averlo potuto intervistare.