La globalizzazione commerciale, spinta da Internet con le vendite online, ha indotto la chiusura di migliaia di negozi. Negli ultimi dieci anni, da nord a sud, hanno chiuso oltre centomila attività. Fortunatamente reggono gli artigiani, sfiorati solo in piccola parte dallo tsunami dell’e-commerce. È chiaro che, se devi andare dal barbiere o dal calzolaio non puoi rivolgerti sulla rete. Così vale per i gommisti, anche se gli pneumatici si possono acquistare su Internet, ma per montarli la vedo dura con il fai da te. La storia che vi sto per raccontare narra proprio di un gommista, uno dei primi di Latina, Eligio De Santis. La sua azienda, fondata nel 1964, è oggi alla terza generazione. Alla faccia della globalizzazione, mi verrebbe da dire.
Questa è una storia di sacrifici, ma anche di soddisfazioni… Quando riesco a trovare un’attività arrivata alla terza generazione sono felice. Poi se si tratta di persone che conosco da una vita, lo sono ancor di più. Guardare le foto storiche che raccontano pezzi di vita, mi provoca un’emozione particolare. Mi tornano in mente ricordi lontani, ma avverto anche il peso degli anni passati.
Oggi vi voglio raccontare la storia di Eligio De Santis, un piccolo grande gommista che aprì la sua attività alle case popolari di Latina, nei primi anni Sessanta. Chissà oggi cosa penserebbe, guardando la sua creatura arrivata alla terza generazione?! Quest’anno Eligio avrebbe festeggiato i sessant’anni di attività, per questo ho deciso di rendergli omaggio e raccontarlo. Tra l’altro era amico di mio padre, come io lo sono dei suoi figli, Rino e Fabio.
La storia di Eligio De Santis il gommista che non voleva fare l’agricoltore
Eligio De Santis nasce a Cisterna di Roma (oggi Cisterna di Latina) il 20 gennaio 1934. È il quarto di nove figli di Angelo e Maria, piccoli agricoltori. Alle scuole elementari conosce una bambina: Luana Potenziani di Borgo Flora. Sono in classe insieme e tra loro nasce subito una simpatia. In seguito quella simpatia diverrà vero amore. I due rimarranno insieme tutta la vita.
Dopo la quinta elementare inizia a lavorare nei campi con il padre, ma quel lavoro proprio non gli piace. A lui piace tutto ciò che è meccanica e quando può scappa da Luigi, il fratello maggiore della sua fidanzatina Luana, che fa il fabbro. Lì inizia a imparare l’uso degli attrezzi. In breve tempo lascerà l’agricoltura per fare l’aiuto fabbro.
La sua passione più grande, però, sono le automobili e appena compie diciotto anni prende la patente di guida, ma non quella normale, prenderà quella per guidare i camion. Fortunatamente non ci sono molti autisti e senza difficoltà trova il suo primo lavoro per una ditta di trasporti, che però paga poco e male. Ne cambierà altre e con i camion girerà tutta Italia. Verrà a conoscere a fondo il mondo dei camionisti. Imparerà pure a fare piccole riparazioni di emergenza sul suo camion, che a volte resta in panne in mezzo la strada.
Nel 1959 Eligio e Luana, a coronamento del loro amore, si sposano. Inizia così a pensare di cambiare lavoro, perché è sempre in giro per l’Italia: vorrebbe trascorrere più tempo in famiglia. Per dodici anni farà quella vita, poi, a marzo del 1964, con i pochi risparmi, apre una piccola officina per vendere e riparare pneumatici in via Filippo Corridoni, alle case popolari, dove andrà ad abitare con la sua famiglia. Lì nasceranno Rino e Fabio, tra loro due un bimbo che morirà dopo una settimana di vita.
Oltre a riparare le gomme delle auto si specializza in quelle dei camion. Il problema è lo spazio, soprattutto quando arrivano quelli con il rimorchio. Per farli sostare è costretto a mettere i copertoni in mezzo alla strada. Tanti camionisti lo hanno conosciuto in giro per l’Italia. Se sono vicini a Latina, vanno a farsi assistere da lui, perché si fidano della sua esperienza. Ma per i parcheggi occupati, gli abitanti delle case popolari non sono affatto contenti. Si lamentano pure i commercianti, che hanno i negozi accanto alla sua officina.
Eligio non ha altri interessi, pensa solo al lavoro. Se qualche camionista in difficoltà lo chiama la domenica, lui è sempre disponibile, anche se Luana si arrabbia un po’. Ma Eligio proprio non riesce a dire di no, perché sa cosa vuol dire rimanere sulla strada con una gomma a terra. Il problema del parcheggio davanti la sua officina è il suo cruccio, vorrebbe trovare una soluzione, per non avere più discussioni. Inizia così a valutare un cambio di sede: quanto meno per i camion. La sua lungimiranza lo porterà a scegliere il posto perfetto.
Nel 1963 iniziano i lavori di sbancamento per allargare una strada: via Lunga, quella che, nel 1978, diverrà strada Mediana e nel 1985 denominata Pontina. Eligio conosce Giovanni Beltrani che a ridosso di quella via, ha acquistato diversi ettari di terra per farci una trattoria: “Da Assunta”. Eligio, come Giovanni, crede fortemente in quella strada, ancora stretta e sconnessa. Convince così l’amico a cedergli mezzo ettaro di terra per costruire una grande officina, con relativo appartamento al piano superiore.
Per entrambi, quella strada sarà determinante nel loro prossimo futuro. Nel 1970, Eligio e la sua famiglia andranno ad abitare nella nuova casa, l’officina l’aprirà l’anno successivo. Finalmente i camion avranno un grosso piazzale e non creeranno problemi a nessuno. L’officina delle case popolari rimarrà aperta, ma solo per le auto e sarà seguita dalla moglie Luana e da un dipendente. Gli abitanti e i commercianti delle case popolari tireranno un sospiro di sollievo, senza più quei bestioni ingombranti in mezzo alla strada.
Grazie a quella scelta, nel 1976, chiuderà l’officina delle case popolari. Luana, nella nuova sede, continuerà a seguire la piccola contabilità e gli ordini degli pneumatici, ma anche i crediti di chi paga a rate, soprattutto camionisti. La sera, a casa, Eligio telefona a tutti quelli che devono pagare. Quasi un altro lavoro. Le rare vacanze che si concedono le trascorrono in Calabria, dagli amici conosciuti da giovane viaggiando con il camion. Qualche altro viaggio, ma di lavoro, lo farà su invito delle grandi ditte di pneumatici, come Michelin e Goodyear.
Il 2 giugno del 1982, all’età di quarantotto anni, gli verrà conferita, dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, l’onorificenza di Cavaliere. Intanto la strada Mediana, d’estate, è sempre più trafficata dai romani, diretti a San Felice Circeo, Sabaudia e Terracina. Suo figlio Rino, ancora studente, inizia a dargli una mano in officina. Tutto sembra filare liscio, ma nel 1987 gi viene diagnosticato un tumore alle vertebre cervicali.
Combatterà quattro anni contro quel terribile male. Subirà tre operazioni, l’ultima sarà effettuata all’estero perché in Italia non gli hanno dato speranze. Affronterà con coraggio, e a sue spese, l’operazione che avverrà in Francia a Lione. Ma nove mesi dopo, l’11 settembre del 1991, Eligio, dopo una lunga sofferenza, finirà il suo percorso terreno a soli cinquantasette anni.
Rino De Santis ricorda suo papà
Con Rino De Santis mi ero visto più di un anno fa, per la revisione della mia auto. E in quella circostanza mi aveva parlato del sessantesimo anno di attività, avviata da suo papà Eligio a marzo del 1964. Inutile dire che ero più che interessato, ma poi ci siamo scordati entrambi. Un paio di settimane fa l’incontro casuale in casa di un amico comune: senza indugi abbiamo combinato l’incontro nel suo ufficio sulla Pontina.
Rino tuo papà ha lavorato tutta la sua vita ed è venuto a mancare anche molto presto, che insegnamenti ti ha lasciato?
“Mio padre era un uomo mite e mi ha insegnato a trattare con gentilezza le persone. Ma soprattutto mi ha insegnato il mestiere”
Io ricordo il tuo piazzale pieno di camion che ora non vedo più, come mai?
“Abbiamo deciso, io e mio fratello Fabio, di lasciare il reparto industriale nel 2000 perché oneroso e pesante da seguire, inoltre era difficile recuperare i crediti. Così era anche ai tempi di mio padre, solo che allora c’erano i margini per poter rischiare, oggi non ci sono più”
Avete pensato al ricambio generazionale?
“Mio figlio Christofer, dopo varie esperienze ha deciso di rimanere con noi per continuare l’attività, quindi siamo alla terza generazione. L’altro mio figlio, Nazareno, fa tutt’altro: oltre a essere artista è socio con alcuni amici del pub Doolin”
Il futuro come lo vedi?
“Mi piace essere positivo. Certamente il lavoro è cambiato, ma noi cerchiamo di stare al passo con i tempi. Già dal 1998 abbiamo aderito al circuito delle revisioni e da circa dieci anni ci occupiamo anche di meccanica”
In quanti lavorate nelle due officine?
“Siamo in nove. Uno dei nostri dipendenti, Gianluca Bazzolo, sta con noi da quarant’anni: era ancora vivo mio padre, quando iniziò a lavorare in officina”
Di tua mamma cosa mi dici?
“Mia mamma è stata fondamentale per mio padre. Dalle scuole elementari in poi sono cresciuti insieme, in simbiosi. Lei, oltre che occuparsi di noi figli, gestiva l’ufficio. Purtroppo l’abbiamo persa durante la pandemia”
Scrivere storie di persone partite dalle case popolari, poi riuscite nella vita con sacrifici e determinazione, mi emoziona in modo particolare. Loro hanno rappresentato il riscatto sociale e anche la speranza di potercela fare…