Cinquantaquattro anni fa moriva il ragazzo più bello di Latina, Francesco Porzi, ma che tutti chiamavano Biscotto. Era l’alba del 31 agosto 1970, quando con la sua potente Alfa Romeo rossa amaranto, uscì fuori strada nella curva più insidiosa della Litoranea, all’altezza del bosco di Sabaudia. Il destino gli aveva negato l’esistenza, infrangendo tutti i suoi sogni. Un cippo, posto nel luogo in cui avvenne il terribile incidente, ancora lo ricorda. Da quel giorno Biscotto, il nostro James Dean, divenne leggenda. Leggendaria la sua vita, leggendarie le sue conquiste. Morì a soli ventitré anni: tutta Latina, e non solo, lo pianse. Il giro di Peppe, l’unico struscio della città, senza le sue mitiche passeggiate, non sarebbe stato più lo stesso. Dopo oltre mezzo secolo, il mito di Biscotto resta immutato, non curandosi del tempo che passa…
Ho già scritto qualche altra volta di Francesco Porzi che tutti chiamavano Biscotto. Nel 2016 pubblicai anche un libro sulla sua vita. Ci sono alcuni personaggi a cui sono particolarmente legato e ogni tanto mi piace ricordarli. Eppure Biscotto non l’ho mai conosciuto, quando morì avevo dieci anni, ma i racconti dei suoi amici mi hanno sempre affascinato ed è come se lo avessi conosciuto per davvero.
Alto un metro e novanta, occhi verdi, una bellezza fuori dal comune e un fascino irresistibile. Biscotto riusciva a conquistare chiunque. Già dall’adolescenza diventerà il punto di riferimento della gioventù latinense degli anni Sessanta, quella della Dolce Vita. Latina era poco più di un paese e l’unica passeggiata della città si svolgeva intorno a un isolato: il giro di Peppe. Quando nei pomeriggi arrivava Biscotto, erano tutti felici: gli amici e soprattutto le donne, giovani e meno giovani, belle e meno belle. Lui salutava tutte e tutti indistintamente.
La storia di Francesco Porzi e il mistero del soprannome “Biscotto”
Francesco Porzi (in famiglia lo chiameranno Franco) nasce a Cisterna di Latina il 2 marzo del 1947. Ultimo di cinque figli, prima di lui: Dino, Bruno, Lina, Amalia. Il padre, Lorenzo, proviene dalla provincia di Grosseto. Anna da quella vicentina. Entrambi arrivati a Littoria negli anni Trenta. Lorenzo ha un’officina alla Chiesuola dietro il podere dove abita Anna. È in quella piccola frazione di Littoria che si conosceranno.
Franco è un bel bambino sensibile, ma anche fragilino. È il cocco di casa Porzi, soprattutto della mamma e delle sorelle Lina e Amalia. Però, anche il papà, uomo severo e tutto di un pezzo, viene soggiogato dalla dolcezza di quell’ultimo figlio. Già dalle scuole elementari mostra poca attitudine allo studio, nonostante sia molto intelligente.
Poi a otto anni si ammala gravemente di tifo. Ricoverato in ospedale, i medici, dopo un consulto, avvisano i genitori delle flebili speranze di salvezza. Viene chiamato anche un prete per l’estrema unzione. Ma le preghiere della mamma sortiranno l’effetto sperato. Miracolosamente si riprenderà.
La scuola continua a essere il loro cruccio. Dopo le medie decidono di mandarlo in collegio: ai Marinaretti di Sabaudia. Ma tenere Franco in collegio è come tenere un leone in gabbia. Con alcuni stratagemmi convincerà il fratello Dino a farsi tirare fuori, provocando l’ira del padre. Ma nonostante l’arrabbiatura, non riuscirà più a rimandarlo dai Marinaretti. Intanto, Franco inizia a girare per la città con i suoi amici conosciuti da bambino nella zona di via Mameli, dove abita con la famiglia: Gino, Otello, Augusto, Arturo, Otello, Salvo…
I pomeriggi li trascorrono a casa di Otello dove la madre prepara le merende. Proprio la mamma di Otello darà il primo soprannome a Franco: “Grissino” per la sua magrezza. Ma poi del soprannome Biscotto nessuno saprà mai la provenienza. Fatto sta che gli calza a pennello, anche se lui non ama farsi chiamare così, lo accetterà solo dagli amici.
Già a quattordici anni è alto un metro e novanta, sembra molto più grande della sua età. Le donne iniziano a guardarlo e lui comincia a essere consapevole della sua bellezza, anche se la considera più un peso che un privilegio. Ma visto il dono, la sfrutterà al meglio nel corso della sua breve esistenza.
A Latina negli anni Sessanta girano diversi film e lui si diverte a fare le comparse, insieme a qualche suo amico, tra l’altro pagano pure bene. Nel film “L’estate” del 1966, interpretato da Enrico Maria Salerno e dall’esordiente Mita Medici, sarà notato dallo scenografo romano Piero Gherardi che gli consiglia, per la sua avvenenza fisica, di entrare nel mondo della moda. Non gli sarà difficile. Apparirà in diverse pubblicità nelle riviste di moda più importanti, come Vogue e Man, pubblicizzando gli abiti di Cerruti, Zegna ed altri ancora. Ed è solo l’inizio.
Ogni tanto Biscotto scompare da Latina per poi apparire nel suo amato giro di Peppe, osannato dagli amici che se lo contendono per averlo accanto, fosse solo per una passeggiata. Le ragazze mandano gridolini al suo passaggio, ma anche donne ben più mature lo guardano trasognanti. Per i ragazzi rappresenta il riscatto: uno di loro che ce l’ha fatta ad uscire dall’anonimato di una piccola cittadina di provincia.
Ormai calca palcoscenici importanti, sfila per diversi stilisti. Però Latina è la sua città e quando qualcuno gli chiede da dove arriva, la rivendica con orgoglio. Passeggia per la città indossando una pelliccia, una borsa a tracolla di Luis Vitton e ai piedi gli stivaletti Camperos, cose che andranno di moda anni dopo. L’estate scende in spiaggia con il pareo e una catenina allacciata in vita. Tutto con naturalezza, senza ostentazione. Biscotto è avanti anni luce e gli sguardi sono solo di ammirazione.
Nelle discoteche romane oscura i più consumati playboy dell’epoca. Le ragazze si voltano a guardarlo. È vestito elegante e in macchina ha sempre un cambio, perché detesta il sudore addosso. Nel 1968 arriva anche un film che lo vede coprotagonista. Uno spaghetti western: “Sangue chiama sangue” del regista Luigi Capuano. Ma il film non avrà grande successo, sarà proiettato solo nelle sale minori.
Biscotto e l’amore
Daniela è una bellissima ragazza, proviene da una famiglia facoltosa, ma molto rigorosa, arrivata a Latina dal Veneto dopo la guerra. Lei ha diciannove anni, Biscotto esattamente uno in meno. Essendo nata anche lei il 2 marzo. I due ragazzi incrociano il loro primo sguardo in una cena all’Hotel Europa. Gli sguardi proseguiranno nei giorni successivi al giro di Peppe.
Sarà Inevitabile una storia d’amore. I loro incontri avvengono di notte. Mentre tutti dormono, nel giardino della villa dove abita Daniela, i due si sdraiano a contemplare le stelle, per poi sgattaiolare nella stanza di lei. La loro è una storia importante che purtroppo finirà. Troppo belli per passare inosservati: un’amica di famiglia avvertirà la madre della relazione tra i due ragazzi. Daniela sarà obbligata a lasciare Latina: verrà mandata a Verona dalla nonna.
Si vedranno ancora. Lui la raggiungerà qualche altra volta a Cavalese, luogo dove lei trascorre le vacanze. Biscotto impegnerà il proprio orologio per pagarsi viaggio e albergo. Cinquant’anni dopo, Daniela affermerà di non aver mai amato nessuno come ha amato Francesco, così lo chiamava lei. Il suo è un ricordo struggente, di quel ragazzo mai dimenticato.
Terminata a malincuore la storia con Daniela, si getterà tra le braccia di tante altre donne, che non aspettavano altro. Poi l’ultimo dell’anno del 1967, nella discoteca romana Number One, l’incontro fatale con l’attrice americana Monique Van Vooren. Monique lo introdurrà nel Jetset internazionale. Insieme a lei girerà il mondo e farà amicizie importanti. In una delle tante serate newyorkesi conosce il direttore della rivista Cosmopolitan che gli assicura una prima di copertina. Pure alcuni registi americani lo contattano per dei telefilm.
Ormai Biscotto è lanciato verso il successo internazionale, anche se ogni tanto avverte la voglia di tornare a casa, nella sua Latina, dalla famiglia e dagli amici di sempre. Ed eccolo comparire al “giro” dove tutti lo attendono per conoscere le sue nuove avventure, ma che lui confida solo a pochi.
Biscotto e le sue leggende
In una delle sue tante sfilate di moda, Biscotto è in passerella a Parigi. Nathalie lo nota e ne rimane colpita. Vengono presentati da amica comune, una modella tedesca. Bella ed elegante, Nathalie non sarà una conquista semplice, come gli accade sempre. L’attrice, da poco separata, non è serena. Ma al fascino di Biscotto, è difficile resistere. Il flirt risulterà complicato. Lei, dopo un litigio, gli regala una catenina d’oro. Ma dopo l’ennesima discussione Biscotto le dirà: “Torna dal tuo Delon”. Però quella catenina la indosserà per sempre. Isabella Rossellini, Barbara Bouchet, Mita Medici, Susy Andersen, sono solo alcuni dei tanti flirt attribuiti a Biscotto.
Subito dopo la sua morte il papà fa erigere un cippo in suo ricordo, nel luogo dell’incidente. Inizialmente viene messa una foto con abito scuro, in quell’immagine troveranno una X. La mamma dirà: “Sapevo che quella foto non gli sarebbe piaciuta”. La sostituirà con un’altra dove sorride ed è vestito di bianco.
Anni dopo una nobildonna di Sabaudia, mentre torna a casa, all’altezza del cippo, vede tra la nebbia un ragazzo vestito di bianco, che improvvisamente sparisce. Il giorno dopo la nobildonna torna, scende dalla macchina e guarda la foto del cippo rimanendo sbalordita. È proprio quello, il ragazzo visto nella nebbia la notte precedente.
Una notte del 2011 un ragazzo esce fuori strada e travolge il cippo. A parte lo spavento, il suo furgoncino, stranamente, non subisce danni. Quella notte sogna un ragazzo vestito di bianco. Il giorno dopo torna in quella curva, vede la foto di Francesco ed ha un brivido, quel ragazzo che ha sognato è proprio lui.
Il tragico epilogo
È l’alba del 31 agosto 1970, quando Biscotto, il simbolo della gioventù latinense degli anni Sessanta, muore dopo essere uscito di strada, con la sua potente Alfa Romeo, sulla Litoranea. Arriveranno telegrammi da Valentino, Giorgio Armani, Franco Rossellini, Giuseppe Patroni Griffi e tanti altri. Al suo funerale la chiesa e la piazza saranno gremite all’inverosimile. Sarà presente anche l’attrice Monique Van Vooren.
Sono passati cinquantaquattro anni ma il mito di Biscotto resiste. La sua storia affascina ancora. D’altronde i miti non muoiono mai.
Nella foto di copertina Biscotto a New York 1969