Mentre scrivo le storie e guardo le foto in bianco e nero dei protagonisti ho la sensazione di essere lì, insieme a loro. Sono frammenti di vita che un obiettivo rende quegli attimi immortali. L’emozione di una vecchia foto è così forte che ci puoi quasi cascare dentro. Per questo i miei scritti sono arricchiti da immagini del passato, perché rendono il racconto più coinvolgente e più vicino ai protagonisti della storia. Questo che sto per raccontarvi nasce proprio da una foto in bianco e nero, che però mi riguarda da vicino. La trovai dopo la morte di mio padre in un baule di ricordi. Nella foto c’è un signore accanto a mio padre. Ma chi è quel signore? Me lo sono domandato per anni. Alla fine l’ho scoperto: si chiamava Giuseppe Mascetti.
Le storie di vita che racconto, accompagnate dalle foto in bianco e nero mi rimandano a una Latina diversa, una piccola città di provincia, più ordinata, dove le persone si conoscevano un po’ tutte, come nei paesi. Le immagini che raccolgo, per i miei racconti, mi coinvolgono profondamente e mi fanno sentire parte della storia. A volte, chiudo gli occhi e mi sembra di essere lì, insieme alle persone di cui sto raccontando. Sono sensazioni ed emozioni a cui non riuscirei più a fare a meno.
Fortunatamente ho avuto un padre appassionato di fotografia, e così mi ritrovo con migliaia di foto. A casa di mia madre ci sono due bauli pieni di fotografie, e ogni tanto mi piace tuffarmi in quei ricordi. Il tempo, magicamente, mi concede una tregua e rivivo quegli attimi con intensa emozione. Quando mio padre, purtroppo, morì nel 2001, mi immersi avidamente in quei due bauli per ripercorrere la sua vita. In mezzo a quelle foto, ne trovai alcune che mi incuriosirono. Erano state scattate nel negozio di via Emanuele Filiberto, sotto l’Hotel Europa…
Era settembre del 1959 quando i fratelli Andreoli (mio padre Pasquale e mio zio Aldo) aprirono lì, un negozio di elettrodomestici. Per farsi pubblicità, organizzarono un concorso a premi che si concluse il 31 dicembre dello stesso anno. A tutti coloro che avevano acquistato un televisore era stato consegnato un foglietto con un numero e la possibilità di vincere un altro televisore identico a quello acquistato.
L’estrazione avvenne il 31 gennaio del 1960, con tanto di ruota per i numeri, il bambino bendato che pesca, e un finanziere a certificare il tutto. E poi le foto di rito, sia dell’estrazione che del vincitore. Proprio grazie a una delle due immagini mi è venuta la curiosità di sapere chi fosse il vincitore che posava accanto a mio padre. Ho aspettato diversi anni, poi sono arrivati i social e ho pubblicato quella foto con la speranza di riuscire nel mio intento.
Finalmente mi ha scritto in privato un amico virtuale, Francesco Quinto: ‘quel signore era mio suocero e si chiamava Giuseppe Mascetti’. Poi con Francesco ci siamo incontrati personalmente e dopo anche con la moglie Anna Maria Mascetti: quindi con piacere racconto questa storia.
Giuseppe Mascetti, falegname, messo comunale e musicista
Giuseppe Mascetti nasce il 27 aprile 1909 a Piperno, (oggi Priverno) in provincia di Roma (oggi Latina). È il quinto di otto figli. Il papà, Pietro, ha una falegnameria e costruisce mobili, soprattutto per gli sposini. La mamma, Paolina Pizzutelli, si occupa della casa e dei suoi otto figli. Purtroppo, Pietro morirà giovane, quando i figli sono ancora piccoli. Saranno tutti costretti a lavorare molto presto per mandare avanti la famiglia. Giuseppe, dopo le scuole elementari, impara il mestiere del papà, che aveva visto praticare da bambino.
Oltre a lavorare, Giuseppe coltiva la passione per la musica. Adora la lirica e la musica classica. Impara anche a suonare il clarinetto e riesce ad entrare nella banda musicale di Priverno. Intanto, i lavori di bonifica nell’Agro Pontino sono iniziati e all’Opera Nazionale Combattenti hanno bisogno di persone qualificate. Così, si propone come manutentore e viene assunto. Ogni mattina, da Priverno, raggiunge il posto di lavoro in bicicletta. Grazie al suo lavoro di manutentore, assisterà all’inaugurazione di Littoria a due passi da Benito Mussolini.
Nel 1937, conosce una ragazza molto più giovane di lui, del suo stesso paese, Angela Antonini, che proviene da una famiglia molto agiata. I due si sposeranno nel 1939 e avranno due figlie: Anna Maria e Paola. Da Priverno si trasferiscono a Littoria, in un appartamento delle case popolari in via Filippo Corridoni. Negli ultimi anni dell’ONC, verrà promosso assistente, poi quando l’ente chiuderà i battenti, verrà assunto dal Comune di Latina come messo comunale. Il suo è un lavoro delicato: porta notifiche dal tribunale o dal comune.
Quando consegna quelle notifiche, lo fa con grande educazione, perché sa che non sono mai belle notizie. La sua bravura sta nel riuscire sempre a trovare il destinatario, perché in città e nelle campagne conosce proprio tutti e nessuno gli sfugge. Chi lo vede arrivare in motoretta sa già cosa gli aspetta: una multa, una citazione, un avviso per tasse non pagate…
Giuseppe ha però un cruccio: quello di non aver potuto studiare da ragazzo, così avverte la necessità di proseguire gli studi interrotti a causa della morte prematura del padre. Nonostante sia sempre impegnato, troverà il tempo per frequentare la scuola serale e concludere gli studi delle medie. Si iscriverà poi al conservatorio di Frosinone, dove si diplomerà in clarinetto, uno strumento che conosce e suona già molto bene. Nella banda comunale di Latina ‘Gioacchino Rossini’ diverrà primo clarinetto.
Gli ultimi anni di lavoro, stanco di dover girare in motoretta estate e inverno, affrontando il freddo, la pioggia e il caldo torrido, li trascorrerà nell’Ufficio Anagrafe di Latina. incarico, sicuramente più confortevole e meno faticoso. Con grandi sacrifici, riesce finalmente ad acquistare due piccoli lotti di terra nella periferia immediata di Latina. Non è un traguardo personale, ma un atto d’amore per le sue due figlie, a cui desidera garantire un futuro migliore.
Quando le figlie si sposeranno riusciranno a costruire la casa che Giuseppe aveva sempre sognato per loro, e per averle vicine, prenderà un appartamento a poche decine di metri di distanza. Dopo la pensione otterrà l’incarico dal provveditorato agli studi per fare corsi di musica. Giuseppe, però, non avrà molto tempo per godere dei frutti del suo impegno. Dopo una lunga malattia, morirà il 28 gennaio 1982, all’età di settantatré anni.
L’incontro con la figlia Anna Maria e il mio gancio Francesco
Francesco Quinto mi organizza l’incontro con la moglie, Anna Maria, e mi accolgono nella loro bella casa, quella che hanno costruito anche grazie ai sacrifici di Giuseppe. Già dalle prime battute, Anna Maria menziona tutti i nomi della mia famiglia, compresi i miei nonni paterni. Abitavano vicini nel quartiere delle case popolari, e non era difficile incontrarsi in quella Latina di un tempo. Entrambi mi raccontano dell’amicizia con mio zio Aldo e di tutti gli elettrodomestici acquistati attraverso l’attività della mia famiglia.
Anna Maria, mi dica qualcosa di suo papà
“Mio papà era un instancabile lavoratore, molto attaccato alla famiglia. lo ricordo sempre in giacca e cravatta, anche a casa quando indossava la giacca da camera metteva la cravatta. La domenica ci voleva sempre a pranzo, perché durante la settimana era spesso impegnato. A noi figlie ci faceva uscire poco, perché era molto geloso. Calcolava addirittura l’orario della messa. Alle otto di sera dovevamo stare a casa e non transigeva ritardi. Quando mi sposai pianse come un ragazzino”
Faceva un lavoro particolare, non molto piacevole per chi lo vedeva arrivare. Come se la cavava?
“Usava molto la diplomazia e la gentilezza e quindi non ha mai avuto problemi a interfacciarsi con le persone. Insomma, ambasciator non porta pena”
Di sua mamma abbiamo parlato poco, mi dica qualcosa di lei
“Anche mia mamma era una dipendente comunale, lavorava come assistente alla scuola materna che si trovava al Palazzo M. La sua era una famiglia di agricoltori molto agiata, e lei era molto coccolata dai suoi genitori. Le portavano spesso tantissimi frutti della campagna, che poi una parte la regalava alle famiglie vicine, nel quartiere delle case popolari”
Ringrazio Francesco Quinto, per gli amici Franco, per avermi fatto scoprire l’identità del signore accanto a mio padre, una curiosità che durava da troppo tempo. Ogni tanto riguardo quelle foto: chissà se riuscirò mai a scoprire il nome del bambino che pescò il numero vincente?! Per la cronaca: Giuseppe Mascetti vinse un televisore marca Magnadyne, identico a quello già acquistato.