Quando nel 1932 venne fondata la città di Littoria ebbero inizio tutti i mestieri: i primi commercianti, i primi artigiani, i primi professionisti. Alcuni erano già mestieranti nei loro paesi di origine. Altri improvvisarono, ma la necessità di sopravvivenza fece sì che impararono presto, fino a diventare maestri nel loro lavoro. Nelle campagne dei borghi e per le strade nuove di Littoria, durante la settimana, si lavorava duramente. Nel centro della città, senza sosta, si costruivano palazzine. La domanda di abitazioni e magazzini per le attività, cresceva di giorno in giorno. Ma il sabato e la domenica tutto si fermava, si posavano gli abiti da lavoro e si sfoggiavano quelli migliori, per la messa domenicale o per una semplice passeggiata. Gli abiti erano cuciti dalle sarte e dai sarti. Uno dei primi ad arrivare a Littoria fu Vittorio Reccanello.
Non nascondo la soddisfazione, quando incontro le storie dei primi mestieranti di Littoria: mi immedesimo in quelle persone. I racconti che raccolgo mi fanno sentire il senso di appartenenza alla mia città, e cerco di trasmetterlo nella scrittura. La storia che sto per raccontarvi l’ho estrapolata da uno spettacolo teatrale, “Radici in Aria” scritto e diretto dalla mia amica Emanuela Gasbarroni, in cui ho partecipato all’organizzazione e ai testi. Nell’inizio del reading teatrale viene nominato il primo sarto di Littoria, Vittorio Reccanello e da lì ho iniziato a cercare un gancio per raccontare la sua storia.
Emanuela mi da un indizio, una delle nipoti, Ilaria, è sposata con Fernando Benedetti che conosco molto bene, tra l’altro ho raccontato suo nonno Roberto, famoso rosticciere di Latina, qualche settimana fa. E proprio tramite loro sono venuto in contatto con il più giovane dei figli di Vittorio, Giovanni Reccanello, il quale si è messo a disposizione per raccontarmi la storia di suo padre, uno dei primi sarti arrivati a Littoria.
La storia del sarto Vittorio Reccanello, anche un po’ stilista
Vittorio Reccanello nasce il 18 febbraio del 1909 a Ronchi di Campanile, una frazione di Villafranca Padovana, in provincia di Padova. È terzo di sei figli. Il papà, Virgilio, è un agricoltore. La mamma, Natalina, bada ai figli e aiuta il marito in campagna. Vittorio, durante le scuole elementari ha un grave problema di salute e sarà costretto a una protesi alla gamba sinistra. Finite le scuole, non può dare una mano nelle campagne, dove tutta la famiglia è impegnata nei lavori agricoli: per lui sarebbe impossibile perché molto pesanti. Ma il ragazzino non si perde d’animo. Decide così di imparare un mestiere alla sua portata.
Inizia a frequentare una sartoria del paese e già dai primi momenti si appassiona a quel lavoro. Vittorio è molto bravo, è uno dei migliori della sartoria e tutti lo tengono in considerazione. Ormai è cresciuto e arriva il tempo dell’amore. In una festa paesana conosce una ragazza di un paese vicino, Maria Candida Campani, che tutti chiamano Rina. I due si innamorano, ma siamo all’inizio degli anni trenta e il problema fisico di Vittorio rappresenta una barriera. La famiglia di Rina invita a farla riflettere. Alla fine vincerà l’amore e i due si sposeranno a Littoria nel 1933. Ma in che modo Vittorio e Rina finiranno a Littoria?
Negli anni trenta la crisi economica è devastante, soprattutto nella loro area geografica. Virgilio per non far morire di fame la sua famiglia, avendo tutti i requisiti, decide di fare domanda per emigrare nell’Agro Pontino appena bonificato. L’Opera Nazionale Combattenti, nel 1932, gli assegna un podere in una frazione chiamata Quadrato tra Borgo Sabotino e Borgo Santa Maria con ventisette ettari di terra per coltivare tabacco, erba medica, vigna, grano e allevamento di bestiame. Tutta la famiglia si mette al lavoro, ovviamente tranne Vittorio. A Littoria lo raggiunge Rina, e i due si sposano. Arriveranno nella loro vita cinque figli: Tosca, Nellida, Fernanda, Anna e Giovanni.
I due sposini vanno ad abitare in affitto in un podere a Borgo Bainsizza. Una stanza la adibiranno a sartoria dove Rina apprenderà dal marito, l’arte del cucire. In seguito sarà la sua salvezza. Vittorio viene subito apprezzato dai suoi primi clienti per la finezza dei capi che produce. Il passaparola è la pubblicità migliore. La sua sartoria inizia a essere frequentata da persone che arrivano da Velletri, Cisterna, Le Ferriere, Nettuno e da tutti i borghi vicini e qualcuno anche da Littoria.
La sua professione lo porta a conoscere Achille Porfiri, il più grosso commerciante di tessuti della zona, il quale possiede un grande negozio nel centro di Littoria. Tra i due nascerà una profonda amicizia. Achille, conoscendo la condizione fisica dell’amico, alla bisogna, carica la sua Fiat 500 Giardiniera e gli porta a domicilio le stoffe e tutto l’occorrente necessario per la sartoria. Vittorio è specializzato negli abiti da uomo: giacche, pantaloni, gilet, giacche doppiopetto, ma anche pantaloni per i butteri di Cisterna. per gli abiti femminili si adopera la moglie Rina, ma sempre sotto la sua stretta supervisione.
Con Vittorio e Rina, lavorano altre due ragazze e la loro prima figlia, Tosca. Ogni settimana riescono a consegnare dai cinque a sei vestiti. Ma la bravura di Vittorio, è anche quella di saper consigliare al cliente il modello più adatto. Spesse volte li disegna lui, insomma, oltre che sarto, uno stilista vero e proprio. La sua manifattura è molto laboriosa e pesante, perché l’abito è soprattutto cucito a mano. Solo la parte finale viene rifinito con la macchina da cucire, rigorosamente Singer.
Ormai Vittorio è al massimo della sua produzione, ma potrebbe fare di più e Achille Porfiri lo sa, gli fornisce anche le etichette da apporre sugli abiti con la scritta “Vittorio Reccanello”. Così gli propone di aprire la sartoria nel suo grande negozio in Corso della Repubblica, dove si è appena trasferito. Ha già in mente una grossa stanza tutta per lui. Vittorio sta riflettendo sulla interessante proposta ed è quasi deciso a seguire il consiglio del suo amico Achille, ma il destino è baro e imprevedibile. Vittorio ha un malore e il 4 maggio del 1954, muore improvvisamente a quarantacinque anni,.
La moglie Rina, rimasta vedova a quarant’anni, oltre al dolore, deve rimboccarsi subito le maniche e continuare a lavorare. Insieme alla figlia Tosca, porta avanti anche la sartoria maschile. Sacrifici enormi condivisi pure dall’altra figlia Fernanda che, per forza di cose, ha imparato il mestiere. Mentre, fortunatamente, le altre due sorelle, Nellida e Anna, riescono a trovare lavoro al Calzificio del Mezzogiorno.
L’incontro con Giovanni Reccanello figlio di Vittorio
Incontro Giovanni Reccanello a Pontenuovo, piccola frazione di Sermoneta. È di una decina di anni più grande di me, ma si tiene in grande forma. Di vista ci conosciamo già, cosa normale per le passate generazioni nate e vissute a Latina. È in pensione da qualche anno e ora passa il tempo dipingendo. È contento del mio interessamento alla storia di suo padre. Entriamo in un bar e davanti ad un caffè fumante iniziamo la chiacchierata:
Giovanni, quando morì tuo padre eri bambino, hai qualche ricordo di lui?
“Ho solo vaghi ricordi, alcuni dei quali un po’ più nitidi. Considera che avevo cinque anni. Ricordo che portava sempre il cappello alle ventitré e indossava il doppiopetto, quella era la sua divisa. Ricordo anche la sua bicicletta Bianchi e, per il problema che aveva alla gamba, si faceva aiutare a partire dalle mie sorelle più grandi. Percorreva qualche centinaio di metri per raggiungere l’osteria, dove lo attendevano gli amici. Era molto benvoluto nel borgo. Ricordo pure quando si arrabbiava con le mie sorelle, gli lanciava le spagnolette di filo”
Certo per tua mamma deve essere stata dura rimanere vedova con cinque figli
“Sì, molto dura. fece sacrifici enormi. Fortuna che le mie sorelle più grandi l’aiutarono. Grazie a loro riuscirono a continuare anche nella sartoria maschile”
E tu?
“Io ero molto vivace ed irrequieto, credo che la morte di mio padre avesse influito molto sui miei stati d’animo. Peccato sia morto così giovane. Mia madre disperata fu costretta a mandarmi in collegio, prima a Terracina e poi a Sezze. Per me quegli anni furono molto duri, ma devo dire che i collegi mi forgiarono: tirarono fuori la mia determinazione e personalità, che mi sono state molto utili nella vita”
Vittorio Reccanello fu il primo sarto a cucire le divise dell’Aeronautica, ai militari dell’aeroporto di Littoria. Possiamo dire che è stato un vero pioniere e per me raccontarlo è stato un grande piacere.
È davvero molto importante che si recuperino le storie delle donne e degli uomini che hanno fondato e fatto progredire – con il loro lavoro, dedizione e fatica – le giovani cittadine dell’Agro Pontino .
La storia di Vittorio Reccanello è esemplare; un abile sarto che insieme alla moglie e alle figlie ha cucito con maestria vestiti per tantissimi latinensi e non solo.
Dobbiamo ritrovare queste figure e i nostri ragazzi devono conoscerle.
Siamo nel 2024, Latina (come Aprilia, Sabaudia, Pontinia ecc) si è necessariamente ingrandita, tanti dei suoi cittadini sono divenuti cittadini del mondo eppure il dovere di ricordare i pionieri di queste terre rimane.
I sacrifici, il lavoro di quelle Donne e di quegli Uomini di buona volontà, di forte tenacia e di specchiata onesta’ – di cui anche i miei nonni sono stati esempio – rimangono la base della nostra vita.
Grazie davvero a chi contribuisce e lavora quotidianamente per costruire questa Memoria storica.
Roberta Bassani
Grazie Roberta,
ho apprezzato molto il tuo commento.spero che chi legga i miei racconti li condivida con figli e nipoti. Inoltre mi piacerebbe che nelle scuole facessero leggere i miei libri, dove sono raccolte una parte delle storie della nostra città.