I luoghi dove si socializza sono sempre meno, ormai siamo in mano al virtuale e anche se stiamo tra la gente abbiamo gli occhi fissi sui nostri cellulari. Magari messaggiamo con persone che non conosciamo, e che riteniamo amici solo per dei like ricevuti su qualche post. Anche dal barbiere, dove prima si discuteva di calcio, politica, donne e tante altre cose, rompe il silenzio solo il rumore del fon. Oggi per andare dal barbiere devi avere l’app come per le poste, dove non trovi fila, ed è un bene. Ma per il barbiere? Una volta c’era fila, ma era piacevole aspettare. Allora ecco i ricordi di quei vecchi saloni, dove le tante chiacchiere e l’odore della brillantina Linetti prevalevano su tutto. Francesco Spica, detto “Ciccio”, era un barbiere di quel tempo.
Ormai siamo in mano alla tecnologia. Oggi le parole più usate sono: app, nome utente, password, social, intelligenza artificiale e altre diavolerie tecnologiche che, sotto certi aspetti, possono essere pericolose in mano agli adolescenti. Abbiamo un’infinità di amici e amiche virtuali. Su Facebook ho quasi quattromila amicizie, ma personalmente ne conoscerò, sì e no, il cinque per cento. Il tempo scorre, la vita va avanti e, ci piaccia o no, dobbiamo adeguarci ai cambiamenti. Però sta a noi, cercare di non perdere le cose positive del passato.
La socializzazione è una di quelle. Certo ci sono amicizie lontane che si possono mantenere solo attraverso i social, ma quelle vicine sarebbe bene mantenerle vive con incontri reali e non virtuali. Oggi per fare qualsiasi cosa siamo schiavi delle App, anche per prendere appuntamento con il barbiere. Quando arrivi non perdi tempo, è vero, ma neanche hai modo di chiacchierare con qualcuno.
Una volta, mentre si stava seduti aspettando il proprio turno, per un taglio di capelli o di una messa in piega, si socializzava conversando di gossip, calcio, politica etc etc. Per ricordare quel tempo vi racconterò di un barbiere, Francesco Spica che tutti chiamavano “Ciccio”. Cercherò di farvi sentire l’odore della lacca e della brillantina Linetti. Odori ormai dimenticati, sostituiti da quelli meno intensi del gel e della polvere di cera per capelli.
La storia di “Ciccio” Spica, il barbiere dai tanti hobby
Francesco “Ciccio” Spica nasce a Foggia il 4 ottobre del 1926, secondo di tre figli. Il papà Vincenzo è un poliziotto originario di Caserta, ma lavora negli uffici della questura, perché in battaglia, nella Prima guerra mondiale. ha perduto una gamba. La mamma è casalinga, e anche lei è originaria di Caserta. Vincenzo, nella sua vita lavorativa, verrà trasferito diverse volte e i suoi figli nasceranno in città differenti. Agnese, Francesco e Anna verranno alla luce rispettivamente a Pola, Foggia e Mantova.
Gli ultimi suoi trasferimenti saranno Potenza e Littoria, dove giungerà nel 1936 e, come a tutti gli impiegati statali, gli verrà assegnata una casa dell’INCIS. Ciccio ha dieci anni e ha finito le elementari a Potenza. Ora è il momento di imparare un mestiere. Lo prendono come garzone in una piccola barberia in Piazza del Littorio (Oggi Piazza del Popolo) accanto all’Opera Nazionale Dopolavoro (Oggi Circolo Cittadino). Il suo compito è quello di ramazzare, pulire le poltrone e lavare i pavimenti. Il ragazzino è sveglio e ruba il mestiere con gli occhi.
Dopo un paio di anni andrà a lavorare dal primo barbiere di Littoria, Guido Gavazzi, che si trova dalla parte opposta della piazza. Nel frattempo, è arrivata la guerra, ma essendo figlio di un grande invalido non sarà chiamato alle armi. Però verrà fatto prigioniero dai tedeschi e portato a scavare le trincee a Tor Tre Ponti, una frazione di Littoria. Sarà poi trasferito a Roma, ma riuscirà a fuggire evitando fortunatamente i colpi di mitra sparati da un militare tedesco. A piedi si dirige verso la sua città, dove arriverà dopo una giornata di cammino.
Ormai ha imparato il mestiere e non ci vuole molto per trovare lavoro. Verrà assunto da un altro barbiere che si trova di fronte a un terreno dove sorgerà il cinema Giacomini. Intanto ha conosciuto una ragazza, Alberta Rocco. Lei è sfollata dal suo paese, Santi Cosma e Damiano e alloggia nella ex caserma 82° Reggimento Fanteria. Aiuta gli sfollati analfabeti a imparare a leggere e scrivere. Lo farà per due anni. È talmente bella da meritarsi la fascia di Miss Latina, ma al rientro nella ex 82, il padre non gradisce. La frusta a sangue con la cinghia e le taglia i capelli a zero, costringendola a rendere la fascia.
Alberta proviene da una famiglia benestante, ma non può tornare nel suo paese: casa sua, una bellissima palazzina nel centro di Ventosa, frazione di Santi Cosma e Damiano, è stata bombardata dagli americani, perché i tedeschi ne avevano fatto il loro quartier generale e lei e la sua famiglia mandati a Ferentino, in provincia di Frosinone. Arriveranno a Latina nel 1946, come sfollati. Alberta e Ciccio, ad agosto del 1949, li sposerà Don Carlo Torello, parroco della chiesa di San Marco si sposano, andranno ad abitare a casa di lui insieme alla sua famiglia e a quella di lei. Sono in tanti, ma la casa è molto grande.
Nel 1952 si inaugura Il cinema teatro Giacomini: oltre alla proiezione di film, vengono proposti spettacoli teatrali, concerti, incontri di pugilato e dibattiti politici. Arrivano anche personaggi dello spettacolo. Tra questi Marcello Mastroianni e Claudio Villa ai quali Ciccio, farà barba e capelli. Nel 1955 il sogno della sua vita si avvera: in via Duca del Mare apre un salone tutto suo. Inizialmente l’attività stenta a partire: quella zona è considerata ancora periferia. Dovrà attendere due anni, con le nuove costruzioni, il suo salone andrà a gonfie vele.
Riuscirà a onorare tutti i debiti e a guardare il futuro con ottimismo. Oltre al lavoro, Ciccio si dedica anche ai suoi tanti hobby: il ciclismo, la fotografia, la musica (suona la fisarmonica) e il modellismo. Avendo un grande retrobottega attrezza una camera oscura per lo sviluppo delle foto, insieme al suo caro amico Benito Damiani. Anche per il modellismo ricava un angolo in cui lui e i suoi amici si dedicano alla costruzione di modellini: veri e propri gioiellini.
Nel 1991 dopo cinquantacinque anni di lavoro chiuderà il suo salone, e andrà in pensione. Continuerà a fare barba e capelli ai suoi amici più stretti, alcuni, purtroppo, malati e impossibilitati ad uscire di casa. Continuerà a dedicarsi alle sue passioni e ai suoi nipotini, avuti dal suo unico figlio Vincenzo. Ciccio, dopo una vita vissuta intensamente, verrà a mancare il 29 aprile del 2007 a causa di una neoplasia dovuta al fumo passivo respirato in tanti anni nella sua attività.
L’incontro con Vincenzo Spica il figlio unico di Ciccio
Ho conosciuto Vincenzo Spica alcuni anni fa sui social, ma poi pure personalmente, proprio per il mio desiderio di conoscere realmente le persone. Mi aveva già raccontato qualcosa di suo papà ed ero rimasto incuriosito. Ci siamo incontrati al bar Mimì e abbiamo approfondito la storia di Ciccio.
Vincenzo abbiamo parlato poco di tua mamma, che ruolo ha avuto nella storia di tuo papà?
“Mia mamma è stata fondamentale. Ha aiutato molto mio papà. Il suo lavoro era invisibile, ma determinante. A parte che lo appoggiava in tutto ciò che faceva, pure nei suoi hobby, ma si occupava soprattutto della pulizia e l’igiene del salone. Ogni giorno lavava tutti i panni e gli asciugamani del mestiere e il lunedì andava anche a pulire la barberia”
Perché non hai proseguito l’attività di tuo papà?
“Non ha mai voluto insegnarmi il mestiere, ha preferito farmi studiare. Diceva che era troppo sacrificante quel lavoro. Mio padre usciva di casa alle sette di mattina e tornava alle otto di sera ogni giorno della settimana. A volte era aperto anche la domenica mattina. Quando chiuse il salone, l’attrezzatura la regalò a un attore di Latina, di cui non ricordo il nome. Mio padre mi disse che l’avrebbe portata a Cinecittà. Magari l’avranno usata per qualche set cinematografico”
Un aneddoto curioso?
“Quando fece barba e capelli a Marcello Mastroianni gli amici lo soprannominarono Mastroianni, per la sua vaga rassomiglianza all’attore. Quel soprannome se lo è portato dietro fino alla fine”
Con i suoi colleghi che rapporti aveva?
“Mio padre andava d’accordo con tutti, aveva un carattere aperto e gioviale. E poi in quell’epoca c’era lavoro per tutti: mancava il tempo per essere gelosi o invidiosi del lavoro dell’altro”
Che ricordi hai dei tuoi genitori?
“Considera che ero figlio unico e tutte le attenzioni erano rivolte verso di me. Ricordo con piacere tutti i viaggi che facevamo. Viaggi che duravano al massimo due giorni, domenica e lunedì. In uno di questi viaggi andammo a Potenza e lì ho conosciuto la ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie”
Il salone di Ciccio Spica è stato un luogo di aggregazione sociale, come tutte le attività di una volta, quando i ritmi erano lenti, ma la città cresceva e si andava formando la prima comunità pontina. Per chi ne avesse voglia, siete tutti invitati domenica prossima, 17 marzo alle ore 18, nel museo MUG in via Oberdan, dove presenterò il mio nuovo libro “Latina nei miei racconti volume II”. Vi aspetto per poter scambiare due chiacchiere di persona e uscire un attimo dal virtuale.