Pensavo di aver scritto tutto sulle prime attività avviate a Littoria, ma? Dopo il racconto dell’ottico Giulio Adinolfi, non credevo fosse possibile imbattermi così presto con un altro artigiano, pioniere della nostra città. E invece con un po’ di fortuna, e anche un po’ di perseveranza, eccomi qui a raccontare un altro personaggio che si avventurò nella neonata Littoria che emetteva i primi vagiti. Veniva dai monti Lepini, uno dei pochi ad aver esorcizzato la paura della malaria. Paura atavica degli abitanti dei paesi a monte della palude. Si chiamava Filippo Ferrazza, di mestiere tipografo.
Ci sono dei luoghi che conservano un fascino particolare, in essi è contenuto un intenso vissuto. A volte sembrano incantati. Un esempio esplicativo è la Standa. Nonostante ora ci sia una nota libreria, per me, che amo raccontare del passato, rimarrà per sempre la Standa con la sua scala mobile e tutti quegli scaffali pieni di ogni bendidio. Insomma, quei luoghi conservano un’anima e se chiudo gli occhi ritrovo intatti i miei ricordi, e pare che il tempo si sia fermato ad aspettarmi.
Con un piccolo sforzo della memoria, mi vengono in mente anche i volti che hanno animato quei luoghi. È uno strano effetto, forse dovuto ai miei racconti. Mi lascio coinvolgere dalle storie che ascolto per poi trasferirle con i miei scritti, sperando non vadano perdute nell’oblio del tempo. Per questo voglio raccontarvi di un personaggio, pioniere della nostra città: il tipografo Filippo Ferrazza, che tutti chiameranno Pippo. Il primo ad aprire una tipografia nella città di Littoria appena fondata.
La storia del corese Filippo Ferrazza, appassionato tipografo
Filippo Ferrazza nasce a Cori nel 1895. Secondo di cinque figli. Suo papà è Andrea e sua mamma Latina, un nome che è quasi una premonizione di quello che avverrà decenni dopo nella pianura pontina. Sono dei piccoli possidenti terrieri, dalle antiche origini abruzzesi. Abitano accanto alle mura ciclopiche. Andrea produce olio e vino, ricavati nei suoi terreni di Cori basso. Come quasi tutti i coresi, lavora la campagna, ma non la vive. Finita la giornata di lavoro, si ritira a casa con il resto della famiglia.
Filippo è uno studente modello già dalle elementari e quando inizia a frequentare le scuole medie ha le idee chiare: non ama la campagna e il lavoro del padre, che proprio non gli piace. Filippo è tecnologico ed è appassionato alle arti grafiche. Nel periodo scolastico dell’avviamento, uno zio, sapendo della passione del nipote, gli regala una macchina tipografica a pedali. Filippo, appena quindicenne, rimane affascinato da quel curioso regalo. Inizierà ad usarla subito, per impratichirsi di quella materia di cui si sente stregato.
Finita la scuola nel 1913 apre, giovanissimo, una piccola tipografia artigiana a Cori basso. Arriveranno gli anni della guerra e delle ristrettezze economiche, che colpiranno un po’ tutti. Filippo ha dalla sua la giovinezza e la voglia di fare. Dopo il primo conflitto mondiale, nella piana dell’Agro Pontino sta accadendo qualcosa. Stanno iniziando i lavori di bonifica e lui li guarda con curiosità, perché adora le novità. È convinto, da ottimista qual è, che accadrà qualcosa di positivo.
Intanto, in paese ha conosciuto una ragazza, Elda Lucchetti, figlia del direttore delle poste di Cori. I due ragazzi si sposeranno presto e, nel 1931, nascerà la loro prima figlia, Fiorella. Nel 1932, sulle paludi bonificate, viene fondata e inaugurata Littoria. Filippo è attratto da quella nuova città. Dall’alto del suo paese collinare ha visto spuntare in quella pianura centinaia di poderi. Dove prima c’era desolazione e acquitrini ora c’è vita. Nel 1933 la famiglia cresce: nasce la seconda figlia, Andreina.
Il pensiero verso quella nuova città diviene sempre più intenso. Filippo va a visitarla diverse volte. Quando si accorge che a un centinaio di metri dal palazzo comunale stanno per realizzare una nuova piazza, chiede informazioni più dettagliate. Lì realizzeranno il Palazzo del Governo e, difronte, la sede della banca d’Italia. Sorgeranno anche due grandi palazzine dell’INCIS, che ospiteranno gli impiegati statali. Il 18 dicembre del 1934 è tutto pronto e, alla presenza del Capo del Governo Benito Mussolini, Littoria sarà proclamata Provincia.
Filippo, alle spalle di una di quelle palazzine inaugura la prima tipografia di Littoria. Ormai è fatta, in quella città nuova ha messo il sigillo per il suo brillante futuro. Il lavoro aumenta giorno dopo giorno e, nel 1940, sarà costretto a spostarsi per ragioni di spazio. Acquista una casa colonica semidiroccata alle spalle dell’Opera Nazionale Dopolavoro (Circolo Cittadino) in via Oberdan. La ristruttura e trasferisce lì la sua tipografia. Nel 1941, l’ostetrica Maria Cocco farà partorire la moglie Elda. Nascerà Gigliola, terza e ultima figlia.
Il lavoro procede a pieno regime, ma la guerra si avvicina anche a Littoria. Con lo sbarco di Anzio, sulla città, arrivano dal mare le prime cannonate lanciate dalle navi americane e proprio una di quelle, colpisce in pieno la tipografia di Filippo: fortunatamente in quel momento è chiusa e non si conteranno vittime.
Dopo la guerra, la tipografia sarà ospitata per alcuni anni presso i locali della Casa del Contadino in Corso Matteotti. Sulle ceneri del casale colpito dalla cannonata, Filippo farà realizzare una palazzina e sul retro un capannone, che sarà utilizzato per la tipografia. I lavori sono in continuo aumento, grazie anche alle richieste delle amministrazioni comunali dei paesi vicini. Ormai è una piccola industria, con cinquanta dipendenti, nel centro della città. Una parte del cortile interno della palazzina, si vedrà costretto a sacrificarlo per la costruzione di un magazzino.
Purtroppo, il 17 settembre del 1960, Filippo muore per un improvviso attacco di cuore. A quel punto Gastone si sente in dovere di proseguire l’attività, tanto amata dal suocero. Lascerà il posto in banca per dedicarsi totalmente al lavoro tipografico. Alla fine degli anni Settanta, l’attività verrà rilevata dal signor Vari di Velletri, molto legato alla figura storica di Filippo Ferrazza. Ma negli anni Ottanta deciderà di chiuderla per trasferirla nella sua sede di Velletri.
Nel 1950 Filippo verrà insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro. Alcuni dipendenti che lavorano a stretto contatto con lui apprendono i suoi sapienti insegnamenti. In seguito, quei collaboratori apriranno una propria tipografia. Intanto le prime due figlie si sono sposate e gli anni passano. Filippo avrebbe bisogno di una mano, dopo un lieve malore. Chiede a suo genero Gastone Sergiacomi, che lavora alla banca d’Italia, di aiutarlo. Il genero prende un’aspettativa. Dopo aver fatto pratica e appresi i segreti del mestiere, torna a lavorare in banca.
L’incontro con Gigliola Ferrazza, ultima figlia di Filippo
Gigliola Ferrazza l’avevo già contattata circa un anno fa, ma non eravamo riusciti a combinare l’incontro. Poi è bastato un messaggio per essere invitato a casa e poter finalmente sviscerare questa storia.
Cos’era la tipografia per suo papà?
“Era la sua passione. Aveva una passione smisurata per quel lavoro. Mio padre era nato per fare solo quello. Non aveva altri hobby. Gli amici lo andavano a trovare al lavoro. La tipografia era diventata un punto di incontro. Un luogo per fare due chiacchiere, scambiare opinioni, socializzare”
Con i suoi dipendenti, che rapporto aveva?
“I suoi dipendenti lo stimavano molto. Il primo maggio di ogni anno li portava in gita, insieme alle loro famiglie. Erano molto legati a mio padre. Oltre loro, era amato e stimato da tutti anche in città. Quando è venuto a mancare, la città perse una figura di primo piano”
E con voi figlie?
“Era molto autoritario. La sera, quando tornava dal lavoro, dovevamo farci trovare tutte a casa. Però, di contro, voleva che fossimo aperte al mondo. Per lui i nostri studi erano al primo posto. A me dopo il diploma, inaspettatamente, mi mandò tre mesi in America, dove avevamo dei parenti”
Sua mamma lavorava in tipografia?
“Mia mamma da giovane lavorava nell’ufficio postale di mio nonno. Poi, appena sposata, ha lasciato il lavoro per dedicarsi esclusivamente alla famiglia”
Nella palazzina di Filippo Ferrazza, vivevano molte famiglie. I bambini giocavano sicuri in quel cortile adiacente la tipografia. La mia amica Emanuela Gasbarroni, da piccola, ha abitato lì e ricorda:
“Oltre la mia famiglia, c’erano i Calicchia, Libanori, Moretti, Bologni, Benedetti, Sergiacomi, Ferrazza, Bernardi, Acciai, Noce Marcello, Di Giorgio… Il nostro era un cortile ambitissimo. I bambini venivano anche da fuori a giocare con noi, perché era molto protetto. Poi alle cinque del pomeriggio chiudeva la tipografia e così potevamo giocare in tutta tranquillità, perché sparivano le auto dei dipendenti e dei clienti. Per me è stato un periodo indimenticabile. Mi piacerebbe, un giorno, farne un documentario”
Dal 2018, al posto della tipografia Ferrazza, c’è uno splendido museo, il MUG della famiglia Giannini, dove peraltro è conservata l’insegna storica del negozio della mia famiglia. Però se qualcuno chiede dove si trova il museo, mi viene spontaneo rispondere: “All’ex tipografia Ferrazza”. A Filippo Ferrazza, diversi anni fa, è stata intitolata una via complanare alla strada Pontina.