<<Latina, città che in alcune situazioni non ha brillato neanche per inclusione e per democrazia>> queste le parole di una senatrice in occasione del Gay pride organizzato a Latina nel 2017, dopo che un buontempone aveva scritto “W la figa”. In quella circostanza scrissi una lettera per raccontarle un po’ di storia della città. Quelle parole mi sono tornate in mente qualche settimana fa, quando sono andato alla Diaphorà: un’associazione che si occupa di ragazzi con varie disabilità, dove l’inclusione è il primo comandamento. Ecco, vi voglio raccontare di questa realtà incredibile che non conoscevo, anzi che conoscevo solo per sentito dire. Una realtà che brilla per inclusione, a dispetto di tutti quelli che non conoscono Latina e parlano senza sapere la nostra storia. Sono passati novant’anni, ma ancora paghiamo lo scotto della città nata sotto il fascismo.
Un paio di anni fa scrissi di Maria Pia Cappucci Galeotti, una donna dalla forza incredibile che, nel 1984, dopo la morte del figlio Igor, disabile dalla nascita, ottenne uno spazio dal comune e fondò la cooperativa “Nuova Era”. Fu una delle prime in Italia, ad occuparsi dell’inserimento nel mondo del lavoro dei ragazzi con disabilità. Questa è Latina, e queste sono le storie che mi appassionano, perché avverto l’orgoglio di appartenere a una comunità, forse un po’ particolare, formata da persone di assoluta eccellenza.
La storia dell’associazione Diaphorà che sto per raccontarvi è un po’ figlia di quella cooperativa fondata da Maria Pia: soprattutto è condotta con la stessa passione. Ma andiamo per ordine: all’inizio dell’estate cercavamo un luogo per il nostro reading teatrale “Radici in Aria” scritto e diretto da Emanuela Gasbarroni. Il reading è un excursus storico, filosofico e antropologico della città per capire chi siamo. Diversi testi sono stati estrapolati dai miei racconti. L’idea di esibirci alla Diaphorà è stata di Emanuela e del presidente Paolo Magli.
Ed è lì che ho conosciuto questa realtà di cui mi sono innamorato. Qualche giorno fa, ho pure partecipato a una serata dance organizzata nel giardino dell’associazione. Tra l’altro il dj che ci ha fatto ballare è Francesco Dimar, mio caro amico. È stato bellissimo osservare la felicità negli occhi di tutte quelle persone, con disabilità, che ballavano spensierate. Dopo queste esperienze ho avvertito la voglia di raccontare questa storia.
La storia dell’associazione Diaphorà
L’associazione Diaphorà nasce ufficialmente il 4 dicembre del 2002, per volontà di tredici eroici genitori desiderosi di migliorare la qualità della vita dei propri figli, affetti da varie disabilità. La prima presidente è Liliana Finelli: da lei parte l’idea del nome che in greco significa “portare attraverso”. Tutti i genitori si sono riconosciuti in quel nome. L’associazione viene costituita dall’esigenza di creare opportunità per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità, e supportare le famiglie.
Si parte dal nulla, dalle sale parrocchiali, come quella del Sacro Cuore. Ma l’esigenza di trovare un luogo stabile, per poter svolgere delle attività, è di fondamentale importanza. Nel frattempo si affiliano al movimento Special Olympics, fondato nel 1968 dalla famiglia Kennedy. Creato per l’inclusione e rispetto, dove ogni singola persona venga accettata e accolta, indipendentemente dalla sua capacità o disabilità intellettiva. L’attività principale è lo sport, e i ragazzi della Diaphorà verranno allenati dal preparatore atletico Alfonso Masullo.
Per promuovere l’associazione ci si dedica alla comunicazione e all’informazione attraverso vari eventi, come la proiezione, al teatro D’Annunzio, del film “Piovono mucche” con la partecipazione del regista Luca Vendruscolo e degli attori, con disabilità. Grazie all’impegno del secondo presidente dell’associazione, Giovanni Masullo, nel 2007, finalmente il comune mette a disposizione una sede stabile, con un affitto agevolato. È una ex scuola rurale, un tempo frequentata dagli ex abitanti del Borgo di Fogliano.
Una struttura fatiscente e abbandonata alla fine degli anni Settanta, quando gli ultimi abitanti del borgo vengono esiliati. Insomma, poco più di un rudere. Grazie al lavoro dei soci e di alcuni volontari, verrà trasformata in luogo funzionale e accessibile a tutti, con l’abbattimento delle barriere architettoniche. Verranno avviate attività e laboratori soprattutto per quei ragazzi che hanno terminato la scuola. Una scommessa difficile, ma non impossibile, quella di prepararli per far emergere le proprie qualità.
Perché ognuno, malgrado la disabilità, è dotato di un proprio talento. Ed è questa la vera scommessa dell’associazione, quella di scoprire e valorizzare le capacità della persona. I primi corsi saranno di decoupage, di cucina, di pasticceria, ma anche l’orto coltivato insieme a contadini volontari. E proprio i volontari daranno un contributo fondamentale. Negli anni avverrà l’ampliamento dei laboratori. Si arriverà a ventitré corsi con duecentosessanta ore di presenza.
I ragazzi arrivano da tutta la provincia pontina e qualcuno addirittura da Roma, dove è giunta la voce dell’eccellenza della Diaphorà. Nei giardini dell’associazione c’è anche una zona riservata all’apicoltura per la produzione del miele, usato per le bomboniere solidali. Solidali lo sono anche le colazioni che vengono servite il sabato mattina e sono aperte alla città. Oltre ciò si organizzano mercatini solidali ed eventi ludici per la socializzazione.
In oltre vent’anni la Diaphorà ha fatto passi da gigante, e questo grazie a tutti quelli che collaborano attivamente per raggiungere la finalità dell’associazione: abbattere i pregiudizi e accompagnare i ragazzi alla vita, integrandoli nel lavoro e fargli raggiungere un grado sempre più alto di autonomia. Proprio per l’autonomia è nata Casa Diaphorà, un appartamento in via Don Torello, concesso in comodato d’uso da una socia, Marina Piccaro. Lì, i ragazzi fanno esperienza di pratiche domestiche e di convivenza, consolidando autostima e relazioni.
L’estate si organizza anche il Summer Camp. Insomma tantissime attività che rendono i ragazzi sempre impegnati e soprattutto autonomi. Il 26 maggio 2023 l’associazione va in trasferta al teatro D’Annunzio e mette in scena Racconta-mi, un viaggio interpretato magistralmente dagli attori della Diaphorà. Ci sarà il tutto esaurito. In ventidue anni i presidenti che si avvicenderanno saranno: Liliana Finelli, Giovanni Masullo, Carla Cerroni, Vincenzo Iorio (Volontario), Pietro Marasco, Bruno Mucci e Paolo Maria Magli.
La sede dell’associazione è in via Ada Wilbraham Caetani 235. È un luogo immerso nel verde, a due passi dal lago di Fogliano. Un’oasi aperta alla città, dove tutti possono tesserarsi.
L’incontro con Paolo Magli e Bruno Mucci, presidente e vicepresidente di Diaphorà
Nella serata dance ho gettato le basi di questo racconto, facendo una chiacchierata con l’amico Bruno Mucci, vicepresidente dell’associazione. Poi, appuntamento per il giorno dopo negli uffici del presidente Paolo Magli.
Bruno, tu sei stato uno dei soci fondatori e anche presidente della Diaphorà, come è iniziata questa collaborazione?
“Eravamo un piccolo gruppo di genitori preoccupati del futuro dei nostri figli con disabilità e abbiamo condiviso un progetto. In passato questi ragazzi, terminato il percorso scolastico, erano destinati a stare chiusi in casa e a non avere rapporti sociali. La loro vita era spenta e gli unici contatti erano solamente con i famigliari. Così abbiamo pensato un luogo dove poterli fare incontrare per svolgere una vita sociale ed inclusiva. Inizialmente l’incontro non era quotidiano, ma solo quando avevamo a disposizione le sale parrocchiali. La svolta nel 2007, con l’apertura della nostra sede”
Cosa è cambiato?
“È cambiato tutto, abbiamo potuto iniziare i corsi di formazione e cercare nei ragazzi le loro inclinazioni. Oggi molti di loro sono integrati nel mondo del lavoro e questo, ci rende orgogliosi del lavoro svolto in tutti questi anni”
Ho visto che nell’associazione non ci sono solo ragazzi Down. È una vostra scelta?
“Sì, è una nostra precisa scelta, abbiamo voluto aprire Diaphorà a chiunque avesse disabilità. E abbiamo visto che tra loro l’integrazione è molto forte. Ognuno aiuta l’altro. E c’è da aggiungere che, in questi anni, sono nati diversi amori, e questa è una cosa bellissima”
Paolo, di cosa necessita l’associazione?
“Necessita soprattutto di volontari, essendo autofinanziati possiamo permetterci solo chi ha voglia di fare volontariato. Inoltre, per sostenere il progetto Casa Diaphorà avremmo bisogno, oltre che della società civile, anche delle amministrazioni e delle unità produttive”
Quanti sono i ragazzi e quanti volontari collaborano con voi?
“I ragazzi sono ottanta e i volontari centotre. Poi ci sono tredici collaboratori che, a vario titolo, contribuiscono alla nostra causa”
Ci sono volontari che non hanno figli con disabilità?
“Sì, ci sono tante persone che lo fanno solo per la loro grande sensibilità”
Che laboratori avete attualmente?
“Laboratori di cucina, tecniche di sala, cucito, parrucchiera, ceramica, apicoltura, orto, piscina, pilates, tango, bomboniere, atletica, musicoterapia, percussioni, canto, arte, floreale, marmellate, caffetteria, aperitivi, pizza, arteterapia e social”
Ti sei preso un bell’impegno?!
“Sì, un impegno molto faticoso, ma è anche una fantastica esperienza”
Novità nel prossimo futuro?
“C’è in ballo un progetto condiviso con un’altra importante associazione, ma è in fase embrionale e, per scaramanzia, non ne parlo ancora”
Vi assicuro che andare a visitare la Diaphorà è, assolutamente, un’esperienza da provare. Sarete accolti da ragazzi speciali e gentili. Se magari poi vi verrà voglia di fare del volontariato, le porte della Diaphorà saranno sempre aperte.
Questo racconto lo dedico allo storico libraio di Latina Piermario De Dominicis, scomparso il 24 luglio di due anni fa. Piermario è sempre stato vicino ai ragazzi della Diaphorà, tanto da lasciare all’associazione una significativa donazione.