Negli anni Trenta le scarpe da ginnastica, oggi le più utilizzate al mondo, erano appena state inventate. Accadde nel 1924, quando il tedesco Adi Dassler fondò la marca adidas, e qualche anno dopo, suo fratello Rudolf la Puma. Ma i primi al mondo furono gli americani che, inizialmente, le chiamarono “Plimsoll shoes”. Senza distinguere la scarpa destra con quella sinistra. L’azienda americana Keds, anni dopo, le trasformò progettando la versione di tela e, nel 1917, iniziò la produzione su scala industriale. Nell’Agro Pontino le calzature più usate erano gli stivali di gomma, non a caso c’era una zona chiamata Gnif e Gnaf (Borgo Santa Maria) per il rumore degli stivali negli acquitrini della palude. Dopo la fondazione di Littoria, finalmente le persone iniziarono a camminare con normali scarpe di cuoio. Alcuni calzolai le realizzavano pure su misura. Tra questi, Primo Marzolla.
Nell’Agro Pontino, novanta e passa anni fa, non sarebbe stato possibile camminare con le nostre belle scarpe, per lo più Sneakers. Anche dopo la bonifica, le pozzanghere erano ovunque. Al massimo gli impiegati statali camminavano per Littoria con i mocassini, o con le normali scarpe di cuoio con i lacci. Ma nella campagna circostante, si girava con gli stivali di gomma.
Guardando indietro, nel passato della città, mi sono venuti in mente i calzolai, mestiere che sta quasi scomparendo. Sono rimasti soprattutto anziani a riparare quelle poche scarpe di ottima fattura, fatte in Italia, che si vedono sempre meno. Anche molti professionisti si sono convertiti alle scarpe da ginnastica, prodotte ovviamente in Cina o in altri paesi asiatici.
Cambiano i tempi, cambiano le mode, ma negli anni Trenta non si badava alla moda, e per i rattoppi c’era sempre pronto un calzolaio per sistemare il paio di scarpe bucate. Uno di quei calzolai si chiamava Primo Marzolla, tra i primi ad arrivare a Littoria. Ma non era un semplice calzolaio, lui le scarpe sapeva pure fabbricarle… ora vi racconto la sua bella storia.
La storia di Primo Marzolla il calzolaio che sapeva costruire scarpe e zoccoli
Primo Marzolla, classe 1907, nasce a Gavello in provincia di Rovigo. Primo di quattro fratelli, appartiene a una famiglia molto umile. Il papà Riziero ha un podere con un po’ di terra intorno, che coltiva insieme alla moglie Argia. A Primo non piace lavorare la terra, e dopo le scuole elementari decide di imparare un mestiere, mentre gli altri due fratelli si dedicheranno all’agricoltura. Così va a lavorare come garzone da un calzolaio. Ben presto imparerà quel mestiere e lo imparerà molto bene. Così, da giovanissimo, apre una bottega nel suo paese.
Ma i tempi non sono più tanto buoni. La guerra del 15/18 metterà in ginocchio l’economia soprattutto il Nordest dell’Italia. Il culmine si avrà con la grande crisi mondiale del ’29. Nel 1932, arriva l’opportunità di partire per l’Agro Pontino, tra l’altro si è appena sposato con Bruna Filippi, una ragazza appartenente a una famiglia molto agiata di Borsea, un piccolo paesino a tredici chilometri da Gavello. A suo padre è stato concesso un podere, dall’Opera Nazionale Combattenti, nella periferia della nuova città di Littoria.
i fratelli seguiteranno a lavorare la terra, mentre lui aprirà una bottega a Tor Tre Ponti, frazione di Littoria a ridosso dell’Appia, dove continuerà a fare il calzolaio a pochi chilometri dal podere in cui abita con la sua famiglia. Il lavoro non manca, anzi… Primo è un instancabile lavoratore. Con i primi guadagni prenderà in affitto una casa vicino la sua calzoleria. Intanto Bruna attende il primo figlio, Alfredo, che farà nascere nel 1933 a Borsea, per essere accudita dai suoi famigliari.
Oltre che riparare scarpe, Primo le sa anche produrre: le vende su ordinazione. Ma nella sua bottega vende pure quelle di altri artigiani emiliani. Pure sua moglie Bruna è una grande lavoratrice: ogni giorno carica il cestino montato sulla sua bicicletta e gira per le campagne a vendere i prodotti del marito. A volte si spinge addirittura fino a Priverno dove acquista le pelli per fare le scarpe. Ma a ogni viaggio, in bicicletta, non mancano i fischi dei paesani dei monti Lepini che hanno una pessima considerazione delle ragazze arrivate in pianura dal Veneto. Per loro troppo emancipate.
Nel frattempo sono nati altri due figli, Vittorio e Secondo, ma la famiglia Marzolla è costretta a sfollare per la guerra, come del resto tutti gli abitanti di Littoria. Per volontà del suocero, molto preoccupato per gli accadimenti bellici, tornano a Borsea dove rimarranno fino alla fine della guerra. Tornato a Tor Tre Ponti trova il suo appartamento depredato dai ladri. Non è rimasto neanche il letto. Il tempo di rimettere in sesto la casa, per poi farsi raggiungere dal resto della famiglia. Nel 1946 nasce Umberto, il loro quarto e ultimo figlio.
Nei primi anni Cinquanta, Bruna e Primo decidono di iniziare a fare i mercati. Riescono a realizzarlo vendendo una moto tedesca in loro possesso, una DKV che barattono con un furgone Gilera a tre ruote. Latina, Pontinia e Cisterna saranno i luoghi in cui si sposteranno per vendere i loro prodotti. Il giro di affari si allarga notevolmente. Per far fronte alle richieste, Bruna con il figlio Secondo vanno spesso a Roma da un grossista di scarpe. Caricano quel che possono sul portapacchi della corriera di linea Roma–Terracina, che ferma proprio davanti casa loro.
Sempre negli anni Cinquanta, Primo ha una grande intuizione. Non ha potuto studiare, ma è dotato di grande intelligenza e lungimiranza. Capisce che gli zoccoli avranno un grande futuro, prima ancora che dall’America giungano i Pescura del Dott. Scholl. Inizia così a costruire zoccoli di legno. Da lì a poco scoppierà una vera e propria mania. Dalla Toscana arriva il legno per la base degli zoccoli, mentre la striscia di pelle dal suo solito fornitore di Priverno. Lavora anche di notte per ritagliare quelle strisce di pelle. Gli affari volano.
Dentro quella bottega si producono centosessanta paia di zoccoli al giorno, con solo tre persone: Primo con i suoi figli Secondo e Vittorio. I clienti arrivano anche da molto lontano, addirittura da Salerno. Invece, il primo figlio Alfredo, apre un negozio nel centro di Latina, in via Emanuele Filiberto, di fronte al Garage Ruspi. Ma tutti, sono sotto i comandi di Bruna, una donna forte, una vera bersagliera. Nel 1964 Primo, al ritorno di una gita a Pompei, organizzata dai preti di Tor Tre Ponti, viene investito a Napoli in via Caracciolo e muore sul colpo davanti agli occhi atterriti della moglie.
subito dopo la morte di Primo. Bruna con i figli Secondo e Umberto ingrandiscono il magazzino di Tor Tre Ponti e nasce la Pontina Calzature, uno dei primi megastore di scarpe della zona. La fortuna vuole che di fronte ci sia un altro grande imprenditore, Francesco Pacifico che ha una industria di surgelati e in uno dei suoi capannoni, apre il primo supermercato del Lazio. Un binomio perfetto. Tor Tre Ponti diventa un polo commerciale, tra i più importanti di Latina. Un porto di mare dove approdano persone da tutta la provincia e non solo.
Secondo, come il padre, è un lungimirante e inizia a trattare le scarpe da ginnastica. Per i ragazzi del Basket diverrà punto di riferimento, perché le realizza pure su misura. Nel 1989 apre un altro punto vendita a Latina, nel primo centro commerciale della città: il Morbella. In seguito lo aprirà ad Anzio e nel centro commerciale Sermoneta Shopping Center.
Oggi continuano la tradizione la figlia di Secondo, Anna Maria, al Morbella e i figli di Umberto, Marco e Giulio, in due negozi: in via Isonzo e via Emanuele Filiberto dopo aver seguito fino a un paio di anni fa il banco che fu della nonna nei mercati settimanali.
L’incontro con Secondo Marzolla
Grazie al mio amico Mauro Corbi sono entrato in contatto con Secondo Marzolla. Lo incontro al bar Turi Rizzo. Lo avevo già visto, ma personalmente non ci conoscevamo, ma lui conosceva bene mio padre. Secondo appartiene a quella generazione di imprenditori storici che hanno contribuito alla crescita economica di Latina.
Secondo, come vede il futuro delle calzature?
“Basta guardare ai piedi delle persone: solo scarpe da ginnastica o scarpe economiche che rischiano seriamente di rovinarglieli”
Quindi la differenza tra ieri e oggi è nella qualità del prodotto?
“Assolutamente sì, fino alla fine degli anni Novanta vendevamo scarpe di qualità. C’erano artigiani marchigiani che realizzavano calzature di pregio, veri e propri guanti per i piedi. Ora hanno chiuso quasi tutti. Per capire dove fosse diretto il mercato, feci un viaggio in Indonesia. Lì mi offrirono una fornitura di cinquecentomila scarpe a tre euro il paio. La fattibilità di smerciarle c’era, ma non me la sentii di vendere un prodotto del genere. Però oggi capisco che non puoi fare a meno di trattare prodotti del genere se vuoi rimanere sul mercato”
Passa il tempo, passano le mode, ma i ricordi restano lì, fissati per sempre… se uno li scrive. Grazie a Secondo, che ha condiviso il racconto della sua famiglia. Peccato che nei suoi diversi traslochi ha perduto quasi tutte le foto di famiglia. Le uniche foto sono riuscito ad averle dal fratello Umberto.