Negli anni Trenta, le terre dell’Agro Pontino bonificato vennero utilizzate per le piantagioni di grano: elemento essenziale per la produzione del pane. In atto c’era la Battaglia del Grano, una campagna voluta da Benito Mussolini, che aveva lo scopo di far raggiungere la completa autosufficienza dall’estero nella produzione di grano. Intanto i primi forni aprirono a Littoria già dalla sua fondazione, ma il pane veniva prodotto anche in casa dalle massaie. Il primo fornitore di lievito fu il commesso viaggiatore Francesco Scaglione, il quale si innamorò della nuova città e si trasferì definitivamente, con la sua famiglia, nel 1936.
Immaginate la fame degli anni Trenta e quella durante e dopo la guerra… addirittura si cominciò a razionare il pane già dal maggio 1941. I panettieri aggiunsero all’impasto una percentuale di farina di patata, ma si utilizzarono anche la crusca e il mais di seconda scelta. Pensare oggi, al razionamento del pane, sembrerebbe quasi una follia. Eppure in alcune zone del terzo mondo ancora avviene. In questi ultimi tempi, con la guerra in Ucraina, il problema si sta ancor più acuendo.
La scoperta del pane avvenne in Egitto: la leggenda vuole che la prima a gettare il lievito di birra nell’impasto di acqua e farina, sia stata una serva egiziana, per fare un dispetto alla sua padrona, ignorando quale miracolo stesse per compiere. Anche se il pane più antico di cui si abbia certezza, risale circa al 12000 a.C. ed è stato ritrovato in Giordania.
Non voglio annoiarvi con la storia del pane: ma quello che sto per raccontare ha a che fare con i panettieri, i primi panettieri di Littoria. Vi ho raccontato molte attività nate insieme alla città: il primo bar, il primo alimentari, la prima pasticceria, eccetera eccetera. Qualche settimana fa, su Facebook, mi è arrivato un messaggio da parte di Federico Scarpati, con tanto di numero telefonico: <<Quando vuoi contattami: avrei una storia da raccontare e, secondo me, potrebbe interessarti>>.
Quando si tratta di storie della mia città sono sempre molto curioso, ma prima di rispondere sono andato a leggere il suo profilo e ho visto il suo anno di nascita: 1933. Ho pensato subito volesse raccontarmi la sua storia, vista l’età; invece, quando l’ho contattato mi ha spiegato che si riferiva a quella di suo suocero, Francesco Scaglione, il primo commesso viaggiatore di Littoria. Ho deciso così di incontrarlo e approfondire, senza promettere nulla.
La storia di Francesco Scaglione il primo venditore di lievito a Littoria
Francesco Scaglione nasce a Roma il 18 giugno del 1904. È il terzogenito di una famiglia molto numerosa. Salvatore è il papà, di origini siciliane, ed è impiegato in Vaticano. La mamma, Carolina Piquet, è di origine francese. Francesco, dopo le scuole elementari, abbandona il percorso scolastico e a undici anni inizia a lavorare come fattorino nella sede romana di Eridania: fabbrica di zucchero e di lievito, in via della Marrana: zona Tuscolana.
Francesco con la bicicletta, ogni giorno, percorre decine e decine di chilometri per vendere le buste di lievito che gli affidano. Gira per i fornai della città e si impegna al massimo per terminare il suo lavoro. Il ragazzino è molto volenteroso e il responsabile delle vendite si accorge di lui, perché torna sempre in magazzino senza nessuna rimanenza. Man mano gli darà sempre più fiducia e responsabilità.
Alla fine degli anni Venti conosce Iolanda , una ragazza romana. I due si innamorano e presto si sposeranno. A Roma nasceranno i loro primi due figli, Giancarlo e Maria Adelaide. Nel 1932 Il responsabile vendite della Eridania gli affida la zona della città di Littoria, che stanno per inaugurare. Ormai è un commesso viaggiatore a tutti gli effetti. Ogni mattina prende il treno e, con sé, ha solamente una valigetta piena di confezioni di lievito. Niente pacchi, per non pagare il sovraprezzo sul biglietto ferroviario.
Una volta arrivato alla stazione di Littoria, in bicicletta gira la città per servire i primi fornai della zona. Sono pochi, ma lavorano di continuo per soddisfare le tante persone che seguitano ad arrivare giorno dopo giorno. Il suo responsabile è molto soddisfatto del lavoro che sta svolgendo. Dopo tre anni, come commesso viaggiatore, gli viene offerto il mandato di agenzia. Dopo una breve riflessione decide di cogliere al volo l’occasione, e così accetta la proposta dell’azienda: sta per diventare imprenditore, ma non è affatto preoccupato.
Ormai conosce bene la città di cui si è anche innamorato. Il lavoro è in continua crescita e così nel 1936 finalmente si trasferisce con la sua famiglia. Non dovrà più fare il pendolare e partire all’alba di ogni mattina. Andrà ad abitare al secondo lotto delle case popolari: scala F interno 7. Una stanza dell’appartamento l’adibisce a deposito. I fornai aumentano, come aumentano i suoi affari. Ma lui continua a girare in bicicletta, con il cestino pieno di buste di lievito da consegnare ai suoi clienti.
Poi i tempi duri della guerra, il razionamento del pane e lo sfollamento a Roma. Ma Francesco non vede l’ora che tutto finisca per tornare a casa, nella sua città, e riprendere il lavoro. Nel 1945 il desiderio si avvererà. L’attività riprende a volare e così decide di motorizzarsi. Acquista una moto, una Gilera “Otto Bulloni”, a cui farà agganciare un carretto per trasportare il lievito da vendere in tutto l’Agro Pontino. Ogni giorno, instancabilmente, fa centinaia di chilometri, ma non prederà mai la patente, anche se potrebbe permettersi una comoda automobile.
A Latina nasceranno altre due figlie, Massimina e Franca. Nonostante abbia superato i cinquant’anni, sor Checco, così lo chiamano tutti a Latina, continua a lavorare come un ragazzino. È benvoluto da tutti i suoi clienti, per la gentilezza e la disponibilità. Mai una parola fuori posto e quando c’è bisogno di aiutare qualcuno non si tira mai indietro. Nel 1959, un brutto incidente con il suo motorino, lo costringerà a una lunga degenza in ospedale a causa delle fratture ad entrambe le gambe.
Fortunatamente la figlia Maria Adelaide si è appena sposata e il marito Federico darà una grossa mano a Francesco. Con la sua Fiat Topolino C, ogni mattina fa il giro dei fornai, pasticcerie, pizzerie e gelaterie. Dopo diversi mesi Francesco tornerà al suo lavoro, ma le sue condizioni e l’età non gli consentiranno più di tenere i ritmi precedenti all’incidente.
Continuerà ad aiutarlo suo genero Federico, perché suo figlio Giancarlo, proprio non vuol saperne di fare quel lavoro: lui è uno spirito libero, ama il mare e la pesca. Lavorerà per tutta la vita con i pescatori di Rio Martino. Nel 1980, dopo una lunga malattia, sor Checco muore, ma prima di morire riesce a trasferire la concessione di vendita alla figlia Maria Adelaide.
L’azienda sarà trasformata in “Pontina Lieviti”. L’impronta di Federico Scarpati è determinante. Nel 1983 entra in azienda anche il figlio Massimo, che apporterà alla struttura idee ed investimenti. Nel corso degli anni Massimo amplia la gamma di prodotti ed espande il raggio di distribuzione in diverse aree del Lazio. Nel 2000, nasce “Bakery & Pastry 2000“, frutto di anni di esperienza nel settore della panificazione e della pasticceria.
Nel 2010 entrerà in azienda anche Mirko, figlio di Massimo e pronipote di Francesco, arriviamo quindi alla quarta generazione. Il sogno di sor Checco “Una grande azienda al vostro servizio” diventa realtà. Oggi, l’azienda pensata da quel commesso viaggiatore è al passo con i tempi ed è proiettata verso il futuro.
L’incontro con Federico Scarpati genero di Francesco Scaglione
Incontro Federico Scarpati al bar pasticceria Turi Rizzo, ha passato i novant’anni, ma proprio non li dimostra. Entriamo subito in confidenza, il suo accento campano, a me caro, è inconfondibile, nonostante viva a Latina da oltre sessantacinque anni.
Federico, perché hai scelto di darmi appuntamento qui al Turi Rizzo?
“Perché gli forniamo il lievito per i dolci e noi ci teniamo molto ai nostri clienti”
Il deposito ricavato in quella piccola stanza delle case popolari, ora che l’azienda è cresciuta, dove l’avete trasferito?
“Abbiamo un grande deposito sulla Migliara 47 a Borgo San Donato. Pensa che quel deposito delle case popolari l’abbiamo tolto dopo la morte di mio suocero”
Come ricordi sor Checco?
“Lo ricordo con tanto affetto. Mio suocero era un grande lavoratore, ma anche una persona dal cuore d’oro. Nella vita ha sempre aiutato tutti, e molti fornai riuscirono ad aprire l’attività grazie alla sua generosità”
Vi ho raccontato di un altro pioniere, ma questo ha il sapore del pane. Magari quando passerete davanti a un forno e avvertirete quell’odore inconfondibile della pagnotta, appena sfornata, penserete a sor Checco Scaglione che, con il suo lievito, fece mangiare il pane ai vostri padri e ai vostri nonni.